giovedì 23 dicembre 2010

Ver(r)y Christmas

Avere dato molto, forse tutto e di più, e non sentire - per un attimo - più niente. Sentire il guscio vuoto, inadeguata casa che pur ambisce a ospitare un po' di luce.
Chiudere gli occhi come quando pensavi: così la Luce arriverà, e sarà un dono bellissimo. Ma poi l'umanità prendeva il sopravvento e tendevi la trappola a tuo padre, spostando una sedia, per capire se fosse lui o altri a introdursi in quella notte del tuo Natale e proiettarvi gioia.
Non sei cambiata. Potessi spostare ancora quella sedia. Essere sicura. Potessi credere che tutto è rimasto immutato. O si è capovolto. Ma non ondeggiare, annaspando tra certezze.
Hai dato tutto, e hai ricevuto tanto. Eppure il guscio è vuoto, freddo. Sai che ciò che hai e sei, non è merito tuo. Ogni emozione di questo scorcio finale non ti appartiene.
Il guscio. Arido. Era la sensazione di cui parlava Teresa di Lisieux?
Non lo sai. E chiudi gli occhi. E pensi che forse la Luce arriverà. Ma ti chiedi se tu sarai capace di accorgertene, come quando aprivi gli occhi su una mattina di Natale.

venerdì 22 ottobre 2010

Giannino che ti affacciavi

Formidabile questo giorno. Ci penso mentre corro... Formidabile questo giorno. Il 22 ottobre nascevi tu ben 110 anni fa, ultimo di una nidiata numerosa eppure e destinato a portare avanti la dinastia dei Lualdi Lessi. Eri così minuscolo tra le braccia della bisnonna Maria, e forse il primo suono dopo la sua voce sono state le campane di San Giovanni. Nonno Giannino, ma ti ricordi l'anno scorso l'altra corsa, interrotta dalla sosta di fronte alla vetrina in via Milano perché ti eri riaffacciato tu?
Quanto ti sarà mancato il tuo negozio, il fare la barba ai tuoi clienti, il conversare, anche se in fondo eri un po' orso come me e papà. Un orso sentimentale, ahi Lualdi. Quella sensazione non è rimasta dentro di me con i tuoi racconti, perché ero troppo piccola, e la memoria mi riporta di più i sorrisi e i lunghi giochi a carte. Ma quella locandina realizzata grazie alla fantastica Francesca con la nostra copertina (perché c'eri tu, perché il libro "Quando il nonno prese per il naso il Re" è sbocciato grazie a papà, a te e a tutti i nostri cari lassù e quaggiù) mi trasmise una valanga di emozioni.
Oggi penso a te. A quella giornata, all'affetto di tanti amici. A un altro piccolo uomo che sta compiendo gli anni. Gabri, come sei grande e suoni la chitarra meglio dei miei Kiss: avanti così.
Arriveranno altri traguardi, altre pagine, altre feste. Ma nonno Giannino, tu sei nel mio cuore sempre di più, perché mi hai sorriso, anche in queste ore. E lo so che anche in cielo farai la paciatina, papà si unirà e alzerà un calice pieno di champagne, magari starà pure meditando uno scherzo, lo so.
Vi voglio bene. Come a tutti coloro che, inspiegabilmente, credono in me.

venerdì 24 settembre 2010

L'estate tra il cielo e la panchina

Sulla mia panchina sotto il cielo si è disteso l’ultimo giorno d’estate. Tutte le creature si alleavano per strapparlo al sonno. Le capre si avventavano con famelica prudenza sulle foglie, per sottrarle all’aggressione artistica dell’autunno. Il falco accantonava il nobile lamento, calando piano piano per sbirciare la scena, mentre come seguendo una legge di bizzarri equilibri, nubi di moscerini salivano a lambire il cielo. Che rimaneva distante e confuso, rovesciato sull’immensa pancia azzurra, dove si scorgevano macchie di luce biancastre e candide tracce di pneumatici: vuoi vedere che invisibili veicoli l’avevano solcato.
I ricci cadevano di malavoglia, e non regalavano frutti, non ancora, ma pungevano i piedi appena ricoperti dai sandali, come per ricordare di riporli ormai. Gli altri restavano aggrappati ai rami lassù. Lassù. Sopra la panchina ecco il cielo spalancare le ali e sprigionare un abbraccio languido, come l’ultimo giorno d’estate.

martedì 21 settembre 2010

(quasi) piccoli animali anche con meno paura

Lui si chiama Ora, lei Dopo: una frazione di secondo divide il loro passaggio sulle piante. Lui è bruno, lei fulva e più piccola, ma non penso che ci sia storia: comanda lei. Sono i miei vicini e se parto, a loro non manco; né si stracciano le code, se io ci sono. Sono troppo occupati a mettere da parte per l’inverno nocciole, ghiande, prossimamente castagne. Di notte, grattano sul tetto senza alcun ritegno e se borbotto mi sembrano rispondere: «Eh, tu sotto la finestra hai in ordine motorini aggressivi, folla scatenata del bar, mamme con suv dal motore perennemente acceso e con il clacson perennemente in azione, e vieni qui a lamentarti di noi?». Touchée.
A dire il vero, avevano tenuto il broncio a causa di una disavventura vissuta per un ghiro: loro non perdonano gli umani che vogliono fare i campagnoli e poi sono cittadini fino al midollo, bleah. Poi sono ricomparsi e con una strafottenza deliziosa: un giorno hanno anche finto di non vedermi (ma lo sapevo che mi inquadravano con gli occhietti e non poteva fregargliene di meno) e sono scesi lungo il castano a chiacchierare. Si sono lasciati persino fotografare e hanno riso della sottoscritta: «Che cos’è, non hai mai visto uno scoiattolo? Chissà quando incontrerai un lione». Spero proprio di no, darling. Perché sono sicura che questa frase l'hai detta tu, Dopo.

martedì 7 settembre 2010

Mike e l'allegria sotto le nuvole

Il lago si è rannicchiato sotto le coperte, non per sfuggire al saluto, e nemmeno per vane tristezze: fosse per lui griderebbe Allegria, come cantano migliaia di uccellini per niente stizziti a causa della pioggia.
Tutto è vita, tutto è luce, se si vuole. E tu, caro Mike, che te ne andavi un anno fa in queste ore, secondo me ti sei fatto portare lì, vicino al lago Maggiore, non per guardarlo meglio, ma per invitare noi a farlo. La tua postazione ora è quella perfetta, siamo noi a volte a faticare nello spingere lo sguardo oltre le nuvole, nel farci strada tra la pioggia e nello scorgere l’allegria che è uno dei motori del mondo, una leggerezza nutriente, così lontana dalla superficialità.
Stasera faremo un brindisi speciale anche per te, per la televisione che è stata e che potrà ancora essere, se lo vorrà. Se lo vorremo. Brinderemo agli spettacoli che sanno prendere quota, formando e divertendo, e a quelli che sanno fermarsi, magari per non sottrarsi all’omaggio dovuto a un giovane pilota giapponese dal volto solare.
Brinderemo ai ricordi e alla voglia di andare avanti, di esplorare vette nuove e dedicarle anche a chi ci ha preceduti. C’è da scommettere che il lago arrossirà della sua pigrizia, e magari non oggi, forse nemmeno domani, ma presto, prestissimo arrossirà di un tramonto settembrino, con una fiammata d’estate. Ciao, Mike.

martedì 24 agosto 2010

Sean e Gene, miti coi piedi per terra

Che compleanni celebri si intrecciano sul mio complesso cielo di rockettara filo scozzese. Il 25 agosto tutti applaudono allo splendido ottantenne Sean Connery e mi unisco con foga. Perché saper invecchiare non significa solo essere in forma fisica, ma accettare gli anni con sobrietà. Mai sopra le righe, il grande Sean. E quando nel film ”Entrapment” si trovava di fronte Catherine Zeta-Jones, che garbato seduttore: il gesto più sexy era quello tenero di coprirla con il lenzuolo, quando la vedeva addormentata. Ma poi ammetto di non essere obiettiva, l’amore per la Scozia mi divora.
Mica finisce qui. Compie 61 anni Gene Simmons, il mitico vampiro o demone dei Kiss. Lui è nato da tutt’altra parte nel 1949: ovvero a Haifa. I media si tuffano su di lui per le migliaia di donne con le quali sarebbe stato o per la lingua da record. Io spengo qualche candelina di soppiatto (Gene Simmons è solito affermare che celebra ogni giorno sulla terra, mica il compleanno), perché resta la rockstar controcorrente in altri sensi: ex insegnante, ma che guru ancora, capace di sparare frasi scomode in ogni campo, di non toccare alcol e droga e di non sposare una donna (l’unico modo per non divorziare, assicura) con la quale peraltro vive da oltre vent’anni.
Scozia, Israele, Spagna, Stati Uniti e tutto il mondo girato a più non posso. Che miti diversi, questi due uomini, così reali.
Ok, corro fuori, verso il 25 agosto. Piove, tempesta sul mio cielo, ma poi torna il sole. E finché sarà sempre così, anch’io celebrerò ogni giorno sulla terra.

domenica 22 agosto 2010

Piccoli animali senza paura

Addolcita dal tuffo nella natura, gli ho dato almeno una chance: poteva retrocedere e cambiare strada, io l'avrei graziato. E in effetti ha esitato, vuoi vedere che abbiamo parlato un linguaggio comune? Falso allarme, sul pianerottolo ha ripreso il cammino verso la mia porta. Povero insetto dal nome imprecisato, ho dovuto schiacciarlo. La coscienza tutt'altro che a posto, infatti pochi minuti dopo ho colto un sinistro crepitio alla finestra e ho pensato che un suo compare sarebbe arrivato a infliggermi la giusta punizione. Chiusa bruscamente la persiana, meglio soffrire il caldo per un po'.
Me lo chiedo spesso. Perché esclamo, esclamiamo: Oh che bel cagnolone. Un cavallo, se non si agita, è animale da ammirare. Più grande è, più simpatico, a patto che l'animale in questione non sia feroce. Invece, spesso ci accaniamo sui piccoli.
A proposito di piccola, quand'ero una bambina, la nonna in campagna sospirava al mio brivido di fronte a un animaletto: sei proprio una cittadina. Cittadina... pensavo fosse una cosa grave, cogliendo il tono di garbato rimprovero.
Ma perché? Diamo la colpa all'inconscio collettivo, ad ancestrali paure tramandate, o - peggio - a uno sguardo ansioso verso il futuro, una sorta di paura profetica per quando potremmo essere alla mercé degli insetti.
Qualcuno ti prende in giro per questo motivo? Cadrà nella stessa trappola. Forse qualche giorno fa, in campagna, non mi è giunto un urlo "Oddddio che cos'è quella cosa enorme che vola"? Non si trattava di un elicottero, bensì di una libellula piuttosto da record, sì. Sono corsa in aiuto con colpevole ritardo, fingendo di mettere prima al riparo l'ignara tartaruga.
Ma non significa che io non abbia un cuore, oltre che il fegato di affrontare questi piccoli animali senza paura. Mi è capitato di spingere via con delicatezza verso le beole una "gatta", sì insomma uno di quei bruchi superpelosi. Non l'avessi mai fatto. Su di lei si è avventato uno squadrone di formiche. La povera "gatta" si difendeva come poteva, ora raggomitolandosi, ora spingendosi verso l'erba dove - mi hanno assicurato - è più veloce e quindi poteva agguantare la salvezza. Ho cercato di proteggerla, scacciando le formiche, ma quant'erano agguerrite. Guardale un po', come assomigliano agli uomini: una formica non osa troppo, ma quando sopraggiunge il branco, chi la ferma più.

mercoledì 4 agosto 2010

Non la guarderò cadere

Cara bisnonna, forse tradirò il mio principio, non il nostro nome. E non è peggio, credimi. Quando sono passata di fronte allo sguardo severo della tua casa, addormentata da tanto, troppo tempo, ho capito che non ci sarei ritornata presto. Non per vederla cadere sotto i pur doverosi colpi dei tempi moderni.
Maddalena tu, in qualche modo Maddalena io, perché il mio nome sboccia casuale dal tuo e da quello dell'altra bisnonna, cresciuta a pochi metri da te. Tu sei nata quando l'Italia era già unita, a differenza della tua consuocera, e non te ne sei accorta, credo. Perché sulla vita di ciascuno di noi gli schermi politici incidono poco.
Tu sei sbocciata nella via che conduceva al fiume e sei diventata donna, moglie e madre a pochi metri dai rintocchi della basilica. Sei rimasta sempre lì. Dai racconti dei cugini, rivedo il tuo gesto una, cento, mille volte: stai intingendo il pane nel vino, come amavi fare. Lo rivedo, sì, quel gesto. Ma non voglio vedere la tua casa sbriciolarsi, senza poter curiosare nel futuro ed esserne rassicurata. Ho il tuo nome, non la tua forza. Ciao, Maddalena.

lunedì 26 luglio 2010

L'incantesimo dei laghi

E’ accaduto così, dovevo assolutamente scendere da te. Compiere un’assurda deviazione per camminare lungo la riva e spiare rispettosamente la Rocca da lontano, prendermi un pezzo di fantastico pane alle noci, respirare i fiori con gli occhi. Fermarmi.
Non sei una creatura facile, lago. Tanti sfuggono al tuo fascino e scambiano la tua riservatezza per malinconia. A me piaci ogni momento, ogni giorno di più (su, dimmelo che invecchio) e quando sono lontana da te, come ora, avverto un vuoto bizzarro.
Accarezzo il lago Maggiore quando mi avvicino, anche solo con lo sguardo quando mi rifugio sulla collina. E’ sempre se stesso, sempre in attesa di qualcosa che cambi senza stravolgere, di un soffio di vento o di un raggio di sole, per mutare senza perdersi.
Quando ti sbircio dall’alto, mi sento immersa ancora di più in te. Ti guardo e penso ai laghi che ho assaporato nella mia vita. Mi arrampico fino in Scozia e mi inchino all’unico specchio lassù che mi riconduce a te, il Loch Lomond. Così dolcemente vasto eppure capace di essere tenebroso, così immenso eppure desideroso di offrirti oasi dove non può catturarti nessuno. Senti la sua melodia, la ballata che accompagna una storia di amore e battaglia? Anche tu certamente ne hai una, e io ho solo voglia di scoprirla, magari dentro di me.

martedì 13 luglio 2010

La mia vera finale

Confesso: della finale dei Mondiali mi fregava poco. Due favorite, che cercavano di coronare un sogno, per carità, ma tutto sommato era così prevedibile che non riuscivo ad appassionarmi. La mia vera finale, l'ho vissuta la sera prima, con due squadre agli antipodi.
La Germania, pazzesco trovarsi a tifare per tedeschi irriconoscibili rispetto alla loro storia: primo, domina la fantasia. E poi la compattezza di una squadra così giovane. Ma ancora, lo spirito di questa squadra: davvero, terribilmente mondiale, perché porta i colori e la saggezza di tutto il pianeta.
Ma che dire dell'Uruguay, che ha scaldato i motori e i cuori, cogliendoli quasi di sorpresa. Brillano gli occhi limpidi e implacabili di Diego Forlan, calciatore grintoso, ma anche tenero quando c'è da sostenere una buona causa: prima di tutto, quella di chi non può correre come lui. Gliel'ha insegnato la tragedia della sorella, ancora più preziosa la sua reazione nel non lasciarsi abbattere dalla disgrazia. Sì, Diego non teme le sfide perché sa che ti rendono solo più saldo. E sa condividere, perché il premio di miglior giocatore dei Mondiali senza esitazioni l'ha offerto ai suoi compagni. E' consapevole del fatto che senza la squadra non si va da nessuna parte.
Germania-Uruguay, quante piccole lezioni di vita da due squadre e da una partita. Gioco genuino e appassionato, forse anche perché non c'era da perdere un trofeo, non incombeva l'ansia della prestazione a tutti i costi. Una semifinale in cui i tedeschi possono portarsi a casa comunque una medaglia e i sudamericani hanno visto il loro campione incoronato. Quasi un sogno, anche questo. Per ricominciare ancora più forti.

venerdì 23 aprile 2010

Un'ombra dai Settanta

"Ho incontrato un'ombra": te lo ricordi il primo disco regalato da papà e mamma (a grande richiesta) accanto naturalmente a "Vagabondo"? L'inquietudine potente come una calamita alle prime note di Berto Pisano, amplificata dall'attesa. Quando sarebbe comparso lo sguardo braccato di Giancarlo Zanetti? Ti sembra di essere immersa da sola in questa atmosfera degli anni Settanta, evaporata con l'esplosione di canali e fiction. Ma se ti affidi al figlio - quasi - unico del nuovo millennio, Internet, scopri che c'è tutto un mondo che ricorda quegli sceneggiati, quelle musiche. Così la memoria spicca il volo come una farfalla curiosa. Ma sì, c'era "Dov'è Anna", e quasi te ne scordavi: che brividi alla sigla, e che fine abbia fatto Anna non l'hai mai capito. Avevi pochi anni e quell'universo ti sembrava tanto spaventoso quanto irrinunciabile, il mistero ti vibrava nel sangue. Per arrivare allo spavento puro, la baronessa di Carini: quando il delitto fa addirittura il bis, scompaginando le distanze temporali.
La tv oggi? La guardi distrattamente, nel cuore ti rimane ben poco, divorato dalla frenesia, a volte dalla superficialità. Ed è difficile che ti venga in mente di acquistare il disco di una sigla televisiva. O forse, se sei ragazzo sì... Ma le ombre sono svanite.