martedì 24 agosto 2010

Sean e Gene, miti coi piedi per terra

Che compleanni celebri si intrecciano sul mio complesso cielo di rockettara filo scozzese. Il 25 agosto tutti applaudono allo splendido ottantenne Sean Connery e mi unisco con foga. Perché saper invecchiare non significa solo essere in forma fisica, ma accettare gli anni con sobrietà. Mai sopra le righe, il grande Sean. E quando nel film ”Entrapment” si trovava di fronte Catherine Zeta-Jones, che garbato seduttore: il gesto più sexy era quello tenero di coprirla con il lenzuolo, quando la vedeva addormentata. Ma poi ammetto di non essere obiettiva, l’amore per la Scozia mi divora.
Mica finisce qui. Compie 61 anni Gene Simmons, il mitico vampiro o demone dei Kiss. Lui è nato da tutt’altra parte nel 1949: ovvero a Haifa. I media si tuffano su di lui per le migliaia di donne con le quali sarebbe stato o per la lingua da record. Io spengo qualche candelina di soppiatto (Gene Simmons è solito affermare che celebra ogni giorno sulla terra, mica il compleanno), perché resta la rockstar controcorrente in altri sensi: ex insegnante, ma che guru ancora, capace di sparare frasi scomode in ogni campo, di non toccare alcol e droga e di non sposare una donna (l’unico modo per non divorziare, assicura) con la quale peraltro vive da oltre vent’anni.
Scozia, Israele, Spagna, Stati Uniti e tutto il mondo girato a più non posso. Che miti diversi, questi due uomini, così reali.
Ok, corro fuori, verso il 25 agosto. Piove, tempesta sul mio cielo, ma poi torna il sole. E finché sarà sempre così, anch’io celebrerò ogni giorno sulla terra.

domenica 22 agosto 2010

Piccoli animali senza paura

Addolcita dal tuffo nella natura, gli ho dato almeno una chance: poteva retrocedere e cambiare strada, io l'avrei graziato. E in effetti ha esitato, vuoi vedere che abbiamo parlato un linguaggio comune? Falso allarme, sul pianerottolo ha ripreso il cammino verso la mia porta. Povero insetto dal nome imprecisato, ho dovuto schiacciarlo. La coscienza tutt'altro che a posto, infatti pochi minuti dopo ho colto un sinistro crepitio alla finestra e ho pensato che un suo compare sarebbe arrivato a infliggermi la giusta punizione. Chiusa bruscamente la persiana, meglio soffrire il caldo per un po'.
Me lo chiedo spesso. Perché esclamo, esclamiamo: Oh che bel cagnolone. Un cavallo, se non si agita, è animale da ammirare. Più grande è, più simpatico, a patto che l'animale in questione non sia feroce. Invece, spesso ci accaniamo sui piccoli.
A proposito di piccola, quand'ero una bambina, la nonna in campagna sospirava al mio brivido di fronte a un animaletto: sei proprio una cittadina. Cittadina... pensavo fosse una cosa grave, cogliendo il tono di garbato rimprovero.
Ma perché? Diamo la colpa all'inconscio collettivo, ad ancestrali paure tramandate, o - peggio - a uno sguardo ansioso verso il futuro, una sorta di paura profetica per quando potremmo essere alla mercé degli insetti.
Qualcuno ti prende in giro per questo motivo? Cadrà nella stessa trappola. Forse qualche giorno fa, in campagna, non mi è giunto un urlo "Oddddio che cos'è quella cosa enorme che vola"? Non si trattava di un elicottero, bensì di una libellula piuttosto da record, sì. Sono corsa in aiuto con colpevole ritardo, fingendo di mettere prima al riparo l'ignara tartaruga.
Ma non significa che io non abbia un cuore, oltre che il fegato di affrontare questi piccoli animali senza paura. Mi è capitato di spingere via con delicatezza verso le beole una "gatta", sì insomma uno di quei bruchi superpelosi. Non l'avessi mai fatto. Su di lei si è avventato uno squadrone di formiche. La povera "gatta" si difendeva come poteva, ora raggomitolandosi, ora spingendosi verso l'erba dove - mi hanno assicurato - è più veloce e quindi poteva agguantare la salvezza. Ho cercato di proteggerla, scacciando le formiche, ma quant'erano agguerrite. Guardale un po', come assomigliano agli uomini: una formica non osa troppo, ma quando sopraggiunge il branco, chi la ferma più.

mercoledì 4 agosto 2010

Non la guarderò cadere

Cara bisnonna, forse tradirò il mio principio, non il nostro nome. E non è peggio, credimi. Quando sono passata di fronte allo sguardo severo della tua casa, addormentata da tanto, troppo tempo, ho capito che non ci sarei ritornata presto. Non per vederla cadere sotto i pur doverosi colpi dei tempi moderni.
Maddalena tu, in qualche modo Maddalena io, perché il mio nome sboccia casuale dal tuo e da quello dell'altra bisnonna, cresciuta a pochi metri da te. Tu sei nata quando l'Italia era già unita, a differenza della tua consuocera, e non te ne sei accorta, credo. Perché sulla vita di ciascuno di noi gli schermi politici incidono poco.
Tu sei sbocciata nella via che conduceva al fiume e sei diventata donna, moglie e madre a pochi metri dai rintocchi della basilica. Sei rimasta sempre lì. Dai racconti dei cugini, rivedo il tuo gesto una, cento, mille volte: stai intingendo il pane nel vino, come amavi fare. Lo rivedo, sì, quel gesto. Ma non voglio vedere la tua casa sbriciolarsi, senza poter curiosare nel futuro ed esserne rassicurata. Ho il tuo nome, non la tua forza. Ciao, Maddalena.