martedì 13 marzo 2012

No. La metafora dei pacchetti

Proviamo un esercizio. Ci visualizziamo per strada. Zoom: una borsa sulla spalla destra. Su quella sinistra a tracolla il computer nella sua apposita, valigetta. Pesano ma almeno possiamo usare le nostre mani in modo efficiente-efficace: una borsa di plastica con spesa media a destra, un sacchetto di plastica con alcuni libri nella sinistra.

Peccato non ci abbiano insegnato a fare le modelle, altrimenti un libro lo porteremmo fieramente sulla testa.

Incontriamo una persona con la sua borsettina minimalista che ci saluta e nell'altra mano un pacchettino: scusa, devo entrare un attimo in un negozio, me lo tieni?

Ci osserva e vede cosa stiamo trasportando, ma tanto aggiunge: Dai, tanto è solo un pacchetto, tieni, infilalo fra il gomito e il fianco, per esempio.

Solo un pacchetto. Stiamo già portando trecento carichi, e ci scivola addosso questa apparente piuma. Sapete come finirà? Che sarà la definitiva rottura del nostro precario di equilibrio. Intanto quella persona resterà mezz'ora nel negozio, perché la conosciamo ed è un'inguaribile chiacchierona.

Ascoltiamola e lasciamola ripetere la gentile richiesta. Sappiamo cosa risponderle, vero? Spiacente, non posso. O, più semplicemente, no.

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