giovedì 12 aprile 2012

Stock e le altre

Ci sono rimasta male, ad apprendere la partenza della Stock. Perdono, non ho mai assaggiato mezza goccia e non si prenda per ironia tutto ciò, ma mi sembra quasi sia anche colpa mia.

Eppure mi pare di conoscerne il sapore. Un nome, un marchio, un'identità e chissà quante pubblicità che scorrevano nella mia mente da bambina. Guardare e non toccare.

Si beve ancora ciò che la Stock produce. Come si volevano, si vogliono ancora, le calze della Ibici che avevo orgogliosamente stampato sul petto quando da piccola giocavo a basket. Quante altre aziende che hanno tessuto la storia del nostro Paese, sono ricercate come signore piacenti, non attempate e ormai fuori moda.

Ma ci si trasferisce. Si produce altrove. E noi stiamo a guardare, come stiamo a guardare un sacco di altri spettacoli tristissimi, limitandoci a lamentarci.

Stock e le altre. L'Italia, una sola: regno dell'incoscienza, che tutto si fa portare via. Tranne i pirla, a essere precisi.

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