giovedì 31 gennaio 2013

Notte scontrosa - Helter Skelter

Dopo una serata di gioia, si fa largo una notte scontrosa, di quelle che non vogliono cedere al sonno. Una notte che strilla e vorrebbe arrampicarsi sui gradini della nebbia. Correre su piste di stelle e scendere poi urlante, come un bambino che vuole riprendere a giocare.

Scivola sul ritmo di Helter Skelter. So che un altro senso si insinua, ma io resto lì con la notte, pronta - appena arrivo in fondo -  a risalire.

Notte scontrosa, dura e infinita, per chi ha voglia ancora di giocare di vita.


Le fiamme e il domani

Insieme, cercando di bruciare ciò che ci distoglie dalla vita. Insieme, innamorati della nostra squadra e dell'amicizia che ci lega, nel nome di una tradizione che chiude gennaio e l'oscurità.

Insieme, a parlare di passato e a lanciarci subito nel futuro. Domando a stento i nostri sogni, anzi non domandoli affatto. Perché quando ci siamo convinti di essere adulti e pessimisti, indeboliti dalle delusioni, non c'è più il fuoco della Gioeubia, ma quello di un progetto nato da fiamme e ceneri.

Le fiamme degli amici, quelle che nessuno spegne, e che ci fa già arrivare al giorno che sogniamo.

Il respiro di place des Vosges

Torno grazie a un articolo a place des Vosges. Ci arrivo con il tassista giapponese, una volta, che scambia mia mamma per mia nonna e si becca cavoli amari. Un'altra, a piedi silenziosamente.

Al cospetto di Victor Hugo, entrando in stanze inesplorabili. La piazza racchiusa in respiro leggero, che sfugge ai tentativi di nasconderlo, eppure non dà fastidio. Dicono che Jim Morrison si rifugiasse spesso lì.

Io ci andrei volentieri, ci andrò oggi, mimetizzandomi tra le righe. E salirò nella gioia perduta, mi rivestirò di nuove speranze, sentieri che ti lasciano solo finché vuoi.

E' il respiro di place des Vosges.

Il treno e il lungo crepuscolo

Le (poco) buffe incongruenze di Rossella O'Hara appaiono così, nel terzo e ultimo volume di "Via col vento". Sì, è tornata: qualcuno brontolerà, ma conosco almeno un amico felice.

Il treno era in ritardo e il lungo crepuscolo di giugno bagnava la campagna. Così inizia il terzo tomo, per annunciare l'arrivo di Rossella alla stazione di Jonesboro. E' rimasta vedova, per la seconda volta, e nel libro aspetta un bambino, cosa che invece non vedremo nel film.

Con il dolore, con la fatica, è turnata da un ulteriore pensiero: Ashley la vedrà così. Si sente brutta e infedele, ecco le incongruenze di Rossella che si riversano ancora su di noi e ci fanno scuotere il capo.

Ma lei ci chiede forse la nostra approvazione? Lei che da sola affronta macerie e una vita, ha davvero bisogno di cercare il nostro beneplacito, come quello delle comari di Atlanta?

E' tornata.

Testimoni, non maestri

Come un fuoco nell'inverno, riprendo in mano il libro "Un prete felice", scritto da Cristina Tessaro su don Isidoro Meschi.

Ogni episodio della vita, ogni racconto di chi l'ha conosciuto meglio, dipinge un uomo che abbiamo avuto la fortuna (ma si legge benedizione) di avere nella mia città, fino al martirio e oltre.

Una delle due consapevolezze sue citate: essere testimoni, non maestri. 

Essere maestri, o meglio comportarsi da maestri, è facile, lo so. Un piccolo passo e ti senti in cattedra, con la prospettiva di uno scivolone solenne e di travolgere gli altri. 

Testimoni... devi scalare una montagna, e ti manca il fiato. E scivolerai ancora, cercando di non nuocere a nessuno. 

Se potete, leggete questa biografia, perché vedrete don Isidoro che si scalda l'uovo sotto il rubinetto, per risparmiare tempo e correre dai bisognosi, o che disputava una partita di calcio fino allo sfinimento. Conoscerete un testimone, che non si è fermato mai.

Aye or naw - una lingua

Incerta, segue i tweet sul referendum per l'indipendenza della Scozia. Io non saprei che fish and chips pigliare.

Il mio tweet favorite è però questo, parte direttamente dalla schema: the answer for the indy question should not be yes or no. It should be aye or naw.

Aye or naw. Sì o no, in gaelico, non in scozzese. Lingua che vorrei tanto conoscere bene, perché ha una sua morbidezza incontrastata. Che segue le incertezze dei monti e la loro inquietudine.

Votate ciò che volete, purché sia aie or naw.

mercoledì 30 gennaio 2013

Stand by me - canzone per la notte

Con la notte, e anche quando il giorno è più oscuro, quando persino la luna si stinge e non c'è modo di vedere la nostra stella.

Le montagne si frantumano e il mare è pronto a inghiottire noi e loro. Ma tu stammi vicino, è tutto ciò che chiedo. Che quel buio regni sovrano o che più nera sia io, che sia piacevole come un abbraccio o aspro come un rifiuto.

Tu stammi vicino, e io sentirò quel calore, che mi riporterà a te.

Stand by me, tutta notte.

L'amico e le spine delle rose

C'è un amico che ha occhi grandi e azzurri, ed è buono con i bambini. Con gli arbitri e i tifosi avversari un po' meno - ma sempre civilmente - , ed è anche per questo che (ci) piace.

Quando guarda, io vedo che si prende cura del mondo, anche se cerca di non mostrarlo. Non dice una parola a caso e offre un sorriso, anche quando è immerso nell'ombra. Se soffre, preferisce rintanarsi nel suo guscio e io capisco, anche se lo imploro.

Io voglio bene al mio amico dagli occhi grandi e azzurri, che scherza e capovolge il mondo. Ma sa porgerti un mazzo di rose rosse con uno slancio così meraviglioso, che persino l'aria si commuove e le conserva un mese intero. Forse l'ha spiato mentre compie un gesto tenero verso un bambino, perché lui di chi è più piccolo si prende cura, sempre. E anche di chi si illude di essere grande.

Vorrei offrire io una rosa al mio amico e toglie ogni spina da quello stelo. La vita, però, non ce lo consente. Vorrà dire, amico mio, che la stringeremo insieme e divideremo le ferite.

Il fascino di Lea Massari

Le parole di Diego Dalla Palma mi hanno spalancato uno sguardo, accanto a un mondo. La donna più bella, e autentica? Tuffatevi in un sondaggio interiore,  a caccia dell'attrice italiana che rappresenta tale meraviglia.

Sì, bisogna camminare fino a piccoli mondi antichi, ma il nome è ancora più difficile. Perché lo stesso nome è stupendo e nasconde un grande amore.

La donna che sa salire su questo trono, senza averlo mai cercato, né ottenuto, è Lea Massari. Chiudo gli occhi ancora, e le rivedo, fedele a se stessa, con una luce che nessuna ha posseduto mai e che non tratteneva, generosa.


Noi e il lago che ci rivela

Ti osservavo, amico mio, sempre elegante; né importa cosa indossi, per esserlo. E ti ascoltavo, e mi ritrovavo, quando parlavamo di persone che hanno scandito le nostre vite.

Il destino ci ha condotto anche nello stesso luogo magico, dove io mi sottraggo agli sguardi, e tu pure. Sì, ci siamo ritrovati anche lì. Entrambi, quando siamo stufi marci e ci maciniamo chilometri per arrivare fin lassù, ma appena superata la curva, scorgiamo il lago, pigro sotto il sole o solleticato dalla luna.

Anche il lago ci rivela che possiamo fermarci e siamo vicini.

La notte contro le tracce

Forse lasciamo troppe tracce al mondo. Quando viviamo e oltre. Non un passo di vita che non sia documentato, non un gesto burocratico o sincero che non venga immortalato.

Quando voglio sfuggire a quelle tracce, c'è solo una via sicura verso l'oblio. E' la notte, che cancella ogni orma, ci ride sopra e poi mostra il volto rassicurante di una mamma: ci penso io, a far perdere le tracce, tu dormi e nessuno potrà rintracciare i tuoi sogni, a meno che tu lo voglia.

Notte, senza tracce.

Se scappasse un grazie

Se tra queste cianfrusaglie che non riesco a mettere a posto, figurarsi a riparare.... Se inciampando e sfiorando solo la terra, ma rialzandomi in qualche modo...

Se in tutto questo bordello che si chiama vita, ogni tanto mi scappasse un grazie. Magari mi stupirei, ma pentirmene no, aiutami a non farlo.

Si comincia con una g, solo apparentemente dura, come il respiro che stenta. E se ci si distrae un attimo soltanto, magari scappa. E poi riprenderselo è un solenne casino, meglio rinunciare.

Viva, pare, se scappa un grazie, lascialo fuggire.

martedì 29 gennaio 2013

Il bello della civetta

Il bello della civetta è che il suo canto è diventato così raro, ma esiste ancora. Che ci sta a osservare con i suoi occhi nell'apparente buio, senza dare troppo peso alle nostre azioni.

Lei acuto predatore, stanco di essere anche preda, non spreca un istante per vani voli e sa muoversi con certezza nel telo scuro. Forse compiange noi, così abbarbicati alla luce, da non vedere i colori della notte.

Il bello della civetta, buffa e terribile,  è che rispetta il giorno e per questo lo sfiora appena.

Un giro sulla gru

Quando mi prende il piglio infantile o assassino, vorrei afferrare la gru semiaddormentata sul mio cielo. Stringere un ramo, sentirmi in giostra, io che guardo in cagnesco anche due metri di vuoto.

Un giro sulla gru per diventare leggera, un giro sulla gru fino a diventare un puntino. E da quell'osservatorio che tutto ridimensionare, lanciare una risata, che nell'aria si dilaterà fino a esplodere e raggiungere ogni angolo sulla terra. Non importa se sarà di gioia o di paura, perché i confini non importano su una gru semiaddormentata, lontana dalla terra.

L'italia siamo noi

E ci possiamo arrabbiare, a continuiamo a guardarli, rinnoviamo abbonamenti per compensi miliardari, mentre facciamo conti strategici in casa. Continuiamo a parlarne, continuiamo a infuriarci solo sulla carta.

Poi torniamo davanti allo schermo, nel megastadio dove campioni annoiati se ne fregano di noi, nei seggi dove fingiamo sempre di votare qualcos'altro.

L'Italia siamo noi, e così saremo finché non prenderemo sul serio almeno noi stessi.

Solo se tu fossi qui - Canzone per la notte

No, non so distinguere tra cielo e inferno, perché ho un'anima nera, e uno color della luce. No, non posso e non me ne vergogno, potrei persino ricattarti.

Lo faccio, ci riesco, se vuoi. Se tu fossi qui, lo farei. Te lo giuro, perché tu possa staccarti almeno un istante da quel cielo. Ma poi ci ripenso, e non vorrei che tu soffrissi ancora.

Solo se tu fossi qui... lo cambio. Solo se tu sentissi una carezza, la tua guida, imparerei a conoscere quel confine, perché con te tutto è possibile.

Ma non posso che sospirare con i Pink Floyd... vorrei che tu fossi qui. E sfuggire allo sguardo severo della luna.

Wish you were here, canzone per la notte.

Sentito forte e chiaro

L'abbiamo sentito forte e chiaro, mentre ti cercavamo, convinti che  non si potesse neanche vedere un pallido riflesso.

In effetti, gli occhi ingannano e allontanano, troppo spesso. Abbiamo vagato finché l'ora è diventata oscura, e non c'era più spazio per trovarti: se anche ti avessimo incrociato, non ti avremmo visto.

E' stato allora, con sorprendente precisione, che nella penombra sugli alberi è arrivato un cinguettio diverso. Era tra una esclamazione e una risata, e si è ripetuto nonostante l'inverno e la sera non invitassero a farsi illusione.

E' ascoltando, non guardando, che abbiamo trovato te.

In un giorno un po' così

In un giorno un po' così, si possono trovare mille modi per riprendere un raggio di sole e accarezzarlo, senza trattenerlo troppo.

Si può pensare a un sogno che ti è appena sfumato tra quelle stesse mani, eppure credere che tornerà; vestito di diversi colori, ma tornerà. Si può ringraziare il cielo che ti ha fatto incontrare un libro, e una storia, e compiere qualche passo incerto tra quelle pagine. Si può pensare con gioia al post di prima e pensare che se qualcosa ti viene preso, c'è amore vero.

Si può preparare un buongiorno per chi incontrerai, e anche se sarai a capo chino, concentrato, proporti di non scordarlo. Si può pregustare il pranzo con un amico, che verrà carico dei suoi problemi e della sua voglia di lottare; lo abbraccerai e sarà di nuovo festa.

Anche se di fare festa non hai voglia, in un giorno un po' così, c'è una parte di te che resiste a ogni incursione di freddo. E se infili le mani in tasca, qualche altro aiuto ti verrà, che tu lo voglia o no.

Rispundenti

Disobbedienti. Lapidario ma non troppo, ul pà Carloeu, perché ha una definizione più precisa, un vero dipinto come quello che esegue lui di solito: ragazzi che rispondono negativamente agli ordini dei genitori.

Disobbedire porta nel vuoto, come reagire, quindi questo legame mi fa riflettere. Anche quando si è molto tristi, feriti e questo accentua la solitudine, porta dolore, perché comunicare è un pianeta troppo arduo.

Era solito ripetere una frase il mio caporedattore Antonio. A volte riceveva telefonate seccantissime; altre, lettere in cui brontolavano contro un articolo. E lui aveva un'unica risposta da opporre a un fiume in piena: ha ragione.

Disarmava e ripartiva, con il suo birbante sorriso.

Scritto con una matita (written with a pencil)

Su un camino, vergato con una matita. Un poema di Robert Burns, inizia con un inno alla natura nella sua grazia più selvaggia, innamorato delle scene del Nord.

Ancora sulle orme del poeta, mi fermo al mezzo, questa volta. Non ne uso quasi più. Non è più un mezzo d'abitudine per me, del resto, la matita. E' come  un pennello, una forma d'arte. Per afferrarla e usarla, devo essere fortemente motivata. Sì, ti ho sentita, Arguta Paffuta, scrivo già sufficientemente male con la penna.

Ma a parte le tue giuste cattiverie, la matita per me è un vezzo d'artista, lo rimane. E conosco chi ben la sapeva manovrare. Anche se il momento più affascinante, lo riconosco, è temperarla e ammirarne i petali che cadono come a tarda primavera.

Written with a pencil.

Per quello che si degna di prendere

Amare per ciò che si riceve, è amore? Ti piace vincere facile, mi viene in mente la pubblicità...

Ma è altro, c'è altro. Madre Teresa lo sussurra con il suo sorriso: amiamo Dio non per quello che dà, ma per quello che si degna di prendere da noi.

Si degna. Potrebbe non prendere nulla da noi, in effetti, perché nulla Gli manca. E i piccoli nostri atti di obbedienza - quella virtù a me decisamente estranea, figurarsi ad Arguta - acquistano un altro senso.


lunedì 28 gennaio 2013

Bon Jovi invecchiato

Adoro vedere il ragazzino Bon Jovi invecchiato. E invecchiato bene, ovvero non dimenticando di essere ragazzino, ma neanche addormentando i propri sogni.

Sul suo volto leggi responsabilità nuove, e desideri che puoi condividere o no. Sapete che ho un rapporto contrastato con lui, troppo bravo ragazzo, scomodo anche un'espressione sbagliata come "troppo perfetto". La sua musica mi ha placata, a volte accesa, ma per me resta sempre un allievo dei miei maestri.

Un allievo adorabile, e dal quale si può imparare. Oggi con quel volto più serio, ma non severo da prof, lo saluto e riparto ad ascoltarlo.

Quelli che non gridano

Quelli che non gridano, hanno una dote magnifica. Lo dice una che almeno tre volte all'anno strilla potentemente.

Quelli che non gridano, ma proprio mai, li ammiro. Anzi, li ammiriamo sia io sia Arguta Paffuta. Non hanno bisogno di mezzo tono in più, mentre proseguono il loro cammino. A volte sfugge loro persino la possibilità di parlare, perché sono abituati alla concretezza e al pensiero: che per noi filosofi hanno molte affinità.

Lo so, c'è chi pensa che così verranno schiacciati, e magari ha anche ragione. Ma cos'è essere schiacciati? E soprattutto, schiacciare non è operazione anche peggiore?

Io ammiro questi esseri che non gridano, e li accompagnerei per tragitti infiniti.

Indelicati

Ci sono temi che ti urtano, ti feriscono e ti iniettano un magone inesorabile. Non tutti possono saperlo; se li toccano persone che invece dovrebbero, ti senti a maggior ragione lacerata.

Mi consolo, autoflagellandomi. Io che a volte cerco di cambiare termine o espressione o argomento, se so che può rattristare qualcuno, in realtà non svolgo questa operazione mai abbastanza. A volte troppo tardi mi accorgo o immersa in altri pensieri mi sfugge una freccia che farà soffrire; altre, non ne ho consapevolezza e mi spiace.

Vorrei quasi essere come Sookie di TrueBlood e leggere nel pensiero, così potrei evitare danni. Ma, a ben pensarci, sarebbe trecento volte più doloroso, perché scoprirei mondi indicibili.

E allora mi tengo le ferite da indelicatezza, pregando di non procurarne troppe agli altri.

Anche a me a volte prende l'inverno

Anche a me a volte prende l'inverno; come forma sgrammaticata, mi assale e mi afferra alla gola prima che io me renda conto. Un brivido di troppo, la sensazione che la pioggia non debba cessare mai. Finché sento una voce che mi sgrida: ma sei matta? E' appena iniziata.

Come il mio malumore o la tristezza, che salgono e si sciolgono, più veloci di una nuvola. E se non riescono a staccarsi da terra, sono destinati comunque a fondersi con l'acqua e con l'asfalto.

Le ali finalmente libere, i passi al ritmo giusto. L'inverno è sempre in agguato, ma mi proteggo con l'ombrello delle consolazioni, e a volte riesco persino ad aprirlo.

Bussare alla porta del cielo - canzone per la notte

Knockin'... Lo può fare con grintosa tranquillità Bob Dylan. O storcere la preghiera Axl Rose. Possiamo gridare tutti, in un giorno come questo e in mille altri.

Bussare alla porta del cielo, per chiedere, protestare, ringraziare in un barlume di luce. La musica segna il passo, come la stanchezza di una giornata o di una vita. Si trascinano catene, e puoi scambiarle per un invito a seguire il ritmo, ma pesano alle caviglie.

Notte bussando alla porta del cielo.

Accarezzar pungendo

Piziga, piziga. Pungi, Arguta Paffuta. Ma tanti anni fa ul pà Carloeu ha capito come decifrare quelli come te.

Pizigà-munìga, pizzicar accarezzando. Non si sa mai quale azione sia la principale. Bisogna accoglierle e miscelarle, senza fare domande. Come un dono che ti ferisce, appena lo scarti, ma poi ti apre il cuore.


Con le unghie biancoblù

La scorsa notte ho sognato una partita surreale. C'era un cielo sullo stadio, che non cedeva alla nebbia, così Giuseppe non ha dovuto accendere le luci. E mamma Wilma era tranquilla, ma la tradivano le unghie biancoblù.

C'erano ragazzi che qualcuno indicava come nostri avversari. Ma a noi sembravano specchi, perché dalle sofferenze  e dalle incertezze siamo stati plasmati in questi anni. Così abbiamo tifato anche loro, come se fossero i nostri giocatori.

C'era un buon Giorno che si è visto dal mattino: entrato e segnato. C'era una famiglia che si ritrovava come se nessuno l'avesse ferita in queste settimane. Ale e la sua mamma fiera, Giovanni e Sergio gemelli diversi con berretto impeccabile, Picchio in strepitosa forma canora. E c'era persino chi non c'era.

Se fosse una parola, sarebbe Pro Patria. Un fatto, pure.

domenica 27 gennaio 2013

Don Gnocchi e le perline

Il dolore innocente trova il modo di fare un dono, come se non ne facesse già in ogni istante. Si va dal Papa e don Gnocchi raccomanda ai suoi bambini: fate un regalo col cuore.

Il film mi emoziona sempre, ma di più le immagini che ricordano quell'incontro. C'è un'umanità, un'assenza di umanità, e ci sono cuori, feriti e fedeli, che si offrono.

Don Carlo ogni giorno mi sai riconciliare con tutto, quasi con me stessa persino.

Le perline, come le lacrime, si vincono con il coraggio.

Schindler, della normalità

Tra le immagini, le sequenze e le storie io ringrazio ciascun artista che ha cantato la Memoria. Ma condivido con Dado la predilezione per il film La lista di Schindler. Non è solo per la maestria di un regista.

È perché dare voce a questa storia incoraggia a dire no, a rompere schemi malefici. Schindler non era un uomo perfetto, non aveva un'esistenza impeccabile: nessuno ce l'ha. Era persino vicino al mondo nazista.

Ma quando ha visto la deriva, l'odio, il disastro, ha detto no. Schindler non era un supereroe, un santo. E per questo è un esempio ancora più forte, per ciascuno di noi. Si può dire no, si può rischiare per salvare una vita - e il mondo intero - usando la forza, l'astuzia, il coraggio.

Chi sia Schindler, lo riassume una parola. Non un brillante uomo d'affari o il marito migliore del mondo. Ma un Giusto, al quale dobbiamo essere tutti grati.

Basua

Basua, pomeriggio che si stinge nella nebbia, ma è indeciso se lasciare il posto a una sera rinsecchita di freddo. Non vedi i raggi, ma li senti fino all'ultimo: un tepore che non permette a nessuno di stringerlo a lungo.

Basua, una tazza di caffè rifiutata, mentre pensi a mille notti senza meraviglia. E la voglia di fermare il tempo si addormenta.

Duman basua, il cielo sarà ancora più arcigno e nessuno ne alzerà il velo; tuttavia, un passo sarà afferrato nell'aria e accompagnato fin sotto le stelle invisibili.

Andy e il meglio dei secondi

Ho sognato all'inizio, ma troppo avevi dato. Così oggi, Andy, sei ancora secondo. E che secondo, con le vesciche ai piedi, a denti stretti.

Non abbandonare la sfida, scivolare senza cedere, sentire la presa che si affievolisce, eppure tenere duro il più possibile.

C'è di meglio che perdere gli Australian Open: perderli contro un amico. E così Murray, ti affibbieranno ancora l'immagine di eterno secondo, forse. Ma tu hai dimostrato cosa sei, anche perdendo.

Gli occhi di Sara brillano sotto il cielo di Australia; i tuoi non si abbassano.


http://www.nomosedizioni.it/book.php?ID=12NMS412&cat=1

Ricordare anche te

Mi ha sfiorato questa consapevolezza: è il tuo compleanno in cielo, e sono passata a trovarti. Ricordare è anche questo, oggi.

Eri un mio compagno di scuola, definito sbrigativamente ragazzino difficile in una classe tutto sommato gestibile. Con te, nessuno di noi aveva mai parlato, né capivamo il tuo dialetto. La tua ribellione era più nella fama, che faceva leggere ogni tuo atto con tanta sicurezza.

Mai un discorso. Adulti che urlavano con te, un giorno mi ricordo di essermi sentita la fetta di salame, sul mio banco, tra te e la prof di matematica che ti rimproverava. Un giorno, ancora, ti obbligarono a tagliarti i capelli e tu ostentasti una timidezza, un pudore strani.

Ragazzo difficile, un giorno mi urtasti mentre camminavi e dicesti "Scusa". Non è niente, dissi e avrei voluto dirti molto di più.

Infine, non ti ho visto più. Cambiasti scuola. Tre anni dopo, ero in montagna e giocavo con il mio cane; accanto a me un amico. Mi vennero a dire che eri morto, in un incidente rocambolesco, forse sospetto. Del ragazzo difficile raccontavano leggende. Il mio amico disse: bene, uno di quelli in meno. Io lo guardai, con le lacrime agli occhi, e lo piantai in asso.

Passo spesso da te e guardo quella foto dove sei ancora bambino, i tuoi grandi occhi scuri sorpresi di fronte alla vita.

Il mio amico oggi è un padre di famiglia, e non so se abbia cambiato idea, o giudichi in base alla lontananza o meno dal Po.

So che oggi è il tuo compleanno, caro, e quel giorno, quando ti fermasti a chiedere scusa, avrei dovuto rispondere molto di più.

Un abbraccio in cielo. Non voglio dimenticare nulla e nessuno. Nemmeno te.

Dachau, siamo tutti vicini

Un cassetto che non apro volentieri, è Dachau. Ogni passo, ogni visione, ogni immagine, ogni volto sono entrati in me, con una ferita incurabile. Ma nulla in confronto alla vicinanza di quel campo di concentramento.

Non nascosto, sperduto, infilato in un'area generica e impenetrabile del male. Si poteva vedere, toccare, percepire. Non apro volentieri questo cassetto, anche perché ricordo poi la sera di quello stesso giorno nella birreria di Monaco il mio assurdo tremore. Ragazzi che urlavano nell'euforia di una sbornia, nel loro tedesco, lingua da me sempre amata, quella notte li sognai e mi addolorava quella nuova paura.

Era tutto così vicino. È tutto così vicino, in ogni angolo del mondo. Possiamo non guardare e aiutare il male. Possiamo combatterlo, ripudiando ordini ingiusti, come Palatucci,che proprio a Dachau finì.

Ma la ribellione inizia con uno sguardo. Con una domanda: cosa succedendo qui? E io, come posso tacere?

"se dovessi camminare in una valle oscura
Non temerei alcun male
Perché tu sei con me"
salmo 23

Aprire gli scuri - gesti banali

Da quanti gesti banali può dipendere il mondo? E quando siamo frettolosi, lo scuotiamo come una palla di vetro.

Il mio lento viaggio con Sansot prosegue e oggi mi afferra una sua descrizione:aprire gli scuri la mattina, che gesto banale e coraggioso. È come se invitassi il mondo ad entrare... Proprio io. Apro, piano, e sento quanto io stia osando.

sabato 26 gennaio 2013

Il gatto sta ancora giocando

Il gatto sta ancora giocando e io fingo di non sentirlo, per non disturbarlo. Penso ai suoi immensi occhi che frugano nel buio, alla ricerca del prezioso turacciolo.

Ma al buio non voglio arrendermi. Il gatto sta ancora giocando e tu stai ancora pensando, anche se ostenti di dormire.

Io non voglio disturbare nessuno dei due, e sogno.

Ne m'oublie pas - canzone per la notte

Gli occhi da gattaccio di Johnny Hallyday mi conducono lontano, a un'incerta primavera di Strasburgo. Quando mi cullavo ancora in illusioni europee e di varia natura, la radio gracchiava stanca e io non riuscivo a placare la mia eccitazione. Ero in una città libera, dove ascoltavo, e se possibile parlavo, una lingua differente in ogni momento.

Ma dovevo ripartire. Johnny Hallyday implorava Ne m'oublie pas. Non preoccuparti, il paese dei sogni è troppo lontano per dimenticarti.

E dedico questa canzone anche a te, che ti spingi coraggiosamente sempre più distante dal tuo Paese e che ogni tanto apri i miei cassetti, amico mio.

Ps per guastarvi la notte. Anche Johnny è coscritto di Monti.

La scomparsa del radrizu

È una mia impressione, o tra le creature in via di estinzione c'è il radrizu?. La marachella, per intenderci. C'è un senso negativo, anche nella mia lingua, un danneggiamento compiuto dai ragazzi, sottolinea ul pà Carloeu.

Poi, c'è quasi un alone romantico. Papà mi raccontava fiero le sue a scuola. Sublime, quando si presentò all'esame, con un libro dalle pagine ancora non tagliate; era preparatissimo, ma aveva studiato su un altro testo, la sua era una sfida pestifera alla maestra...

Di marachelle ne ho già combinate poche anch'io. Amo gli scherzi - da brava vigliacca umana, più eseguiti che subiti - e ogni tanto mi accade ancora di escogitarne una.

Ma oggi, tra i ragazzini, c'è ancora il radrizu, quello innocuo e innocente, che accanto al castigo strappa un sorriso nascosto?

Un sole da attendere - canzone per il giorno

Questo freddo grigiore, che si scalda d'attesa. Un sole da vedere ad occhi chiusi, da gustare coprendo la pelle.

Waiting for The Sun, perché in un modo o nell'altro siamo sempre a pregustare qualcosa, pronti a buttarla via appena si sfiora. La morbida voce di Jim Morrison, che plasma quella luminosa follia: questa è la vita più strana che io abbia mai vissuto.

Waiting for The Sun,canzone di un giorno in attesa.

Stonata, che dono

Sono stonata e non so mai come sprigionare le note. Solo dichiarando questa incapacità, attenuo forse il danno, perché non voglio che si pensi: ok, quella è la canzone famosa di X.

No, è solo mia, goffa e sincera quanto riesco. Sono note balzane, non distorte, e magari è un dono essere stonati, perché non ti viene la tentazione di provare a incantare gli altri; non credi di poter entrare in classifica, ma neanche sprofondi nel canto del cigno.

Stranamente libera

In questo silenzio che mi affidi, stranamente libera mi sento. Di accendere e spegnere, senza dover spiegare perché. Di compiere un passo senza già pensare all'altro. Di contemplarmi dentro e fuori, senza pretendere di sapere dove io sia veramente.

I just don't know. Lo strilla maestro Tyler. L'ho divorato da Socrate. Questo non sapere, pure, mi dà libertà, invece di schiacciarmi, forse perché scopre la Fiducia.

venerdì 25 gennaio 2013

Zingaro - Canzone per la notte

Quando potevi ancora scriverlo e cantarlo, senza incorrere in anatemi vari.

Zingaro, voglio vivere come te, andare dove mi pare non come me... e quando trovi uno spazio nella città, montare la giostra e il disco di un anno fa. Tozzi-Bigazzi ancora insieme, e seguono questo viaggio eterno.

Zingaro, senz'ansia di nuovo, o di stabilirsi, senza neanche l'ansia di viaggiare, perché l'anima segue i propri percorsi.

Sento che va, sento che va, delle frittelle il fumo ecco la libertà.

E' questo profumo, è molto altro, e forse meno, perché tutto riempie senza fissarsi in una definizione.

Notte zingara.

Momenti in cui parlo tantissimo

Esplodono dei momenti in cui parlo tantissimo. E la voce si perde fuori di me, prima che io me ne accorga.

Parole si inchiodano su pareti in salita e giocano con le proprie paure; rincorrono i pensieri e li superano, senza voltarsi a controllare. Prendono il controllo totalmente e si lanciano sulle vallate in fiore.

C'è un modo per fermarle, ed è farmelo notare. Allora mi stupisco e ammutolisco. A quel punto taccio o scrivo. Due azioni opposte per arrivare a uguale traguardo.

A bonnie day in June

Questa sera, armata di versi di Burns e doppio whisky in suo onore, sfoglio le pagine e so dovrei essere. In a bonnie day in June.

Un giorno come un altro, dove la primavera lascia il passo all'estate e nell'ultima indecisione allunga ore luminose. Spierei, un po' timorosa, il dialogo di due cagnolini, più saggi di molti umani. Mi addentrerei nei profumi di Ayr e forse scapperei verso un'isola.

A bonnie day in June, tra fiori non troppo invadenti. E a pensare a tante gioie. Compresa quella di mio padre che contava i giorni per stringere tra le mani un fagottino rumoroso.

A bonnie day in June. Con un Poeta che guida.

Pista zig zag

In pista, con un sole che devia i pensieri e cerca di portarti lontano, ma tu tieni duro. Con i problemi tuoi e degli altri, sulle spalle e sullo stomaco, ma alla ricerca di un modo lieve di essere.

Zig zag, slalom tra le sensazioni, tra i progetti, anche minuscoli, tra ciò che può portare lo sguardo in alto. A fatica, in scioltezza, ciascuno a modo suo.

In pista, come si può, e con una fame di luce dentro, che vada oltre ogni inverno.

Buona giornata

Bussole per lanterne

Da 15 anni andiamo lì, con la luce e con il buio. Un riferimento sicuro nelle nostre vite e nelle nostre papille gustative.

E mentre parliamo, io riesco ancora a scuotermi ogni tanto ed esclamare: ma devi girare quiii. Gelido silenzio, sguardo di rimprovero e io che, diffidente, mordo le labbra. So che tra pochi istanti dirai che avevo ragione.

Solo che dopo due minuti arriviamo alla meta e io sto zitta alla massima potenza. Quando smetterò di prendere lucciole, anzi bussole, per lanterne negli itinerari?

Cuèta

Il  mio sogno da bambina e da donna, non è cambiato. Calzare alla perfezione con questa immagine infantile, poi declinata nell'età adulta: ragazzina a modo, ubbidiente e volonterosa, che aiuta la mamma nelle faccende domestiche e ha tutta l'aria di una donnina di casa, dice con massima precisione ul pà Carloeu.

Insomma, un po' come sognava di essere Rossella O'Hara, lo ammetto. Quando ammirava sua madre, impeccabile, e si riprometteva di diventare come lei. Più tardi, insomma, una volta sbrigate un po' di faccende e avendone la possibilità.

Il primo che mi chiede dell'uncinetto, lo infilzo. No dai, non ho scritto io questo, è quella rompi di Arguta.

Buona giornata, quieta quieta.

Il brindisi al poeta e a un Paese

Non è un poeta, è il poeta. E camminando sulle orme sue ad Ayr l'avete seguito spero con piacere. Oggi è il compleanno di Robert Burns, il cantore della Scozia e il suo interprete più appassionato.

Ieri seguivo con piacere le evoluzioni dei preparativi per la cena stile Burns. D'obbligo haggis e whisky, ma per chi non ha sotto mano il primo come me, pazienza. Burns è un mondo che si spiega. E' il grido appassionato di Robert Bruce alla battaglia di Bannockburn, è un tenero bacio, è la canzone che si accenna con un velo di malinconia nelle ultime ore dell'anno, è una donna alla finestra di cui si cerca di leggere il sorriso.

E' una preghiera bizzarra, in quattro versi. C'è chi ha la carne e non può mangiare. Chi può mangiare la vuole. Noi abbiamo la carne e possiamo mangiare: sia lodato il Signore.

Buon compleanno nel cielo di Scozia, poeta.

giovedì 24 gennaio 2013

Una ragione di più - Canzone per la notte

Strabiliato, mi hai sentito dire: dov'è finito Lionel Richie? Sguardo di scuse, ma il cd malinconico italiano non lo sopportavo. Finché è arrivata lei "Una ragione di più". Non sono una incantata da Ornella Vanoni, sorry, ma la musica mi piace moltissimo. E l'ha scritta Mino Reitano.

Tu non ci credi e mi chiedi dove sia finita Arguta Paffuta. Silence please. Adoro le canzoni spezzate in due. Lento, rock, lento, rock. Qualche esempio sparso: By the way dei Red Hot, I Want you dei Kiss, e che dire dell'opera perfetta, Bohemian Rhapsody.

Tu ti lasci cullare, e poi ti toglie il fiato. Qua cos'abbiamo? Va be', lasciamo stare. ma "Una ragione di più" mi aiuta a stringere la pace con questo cd. Nel testo folle e incostante. Come nella musica.

Notte con una ragione di più, per essere felici.

Faccio sempre ciò che vuoi

Definitemi come ritenete. Irritata. Rassegnata. Incantata. Non esiste un aggettivo per intrappolare ciò che provo, ed esso cambia colore come un fiume in balia del giorno.

So solo che alla fine, rognando o arrendendomi lestamente, o ancora non ammettendolo e sfoggiando un'aria testarda,faccio sempre ciò che vuoi tu. E il bello è che ciò avviene anche (soprattutto?) quando faccio ciò che voglio io.

Scaricare in ambigui tempi

Non si vive più decentemente in questi ambigui tempi, assicura Arguta Paffuta. Che mi ringhiava proprio oggi: cosa vuol dire scaricare un programma? Farlo proprio.

Ora - insiste - dove sono i bei vecchi tempi in cui scaricare significava sbattere via? E se nella vita virtuale scarico in un modo, nell'altra come mi comporterò?

Non so, Arguta. Ma a volte vorrei proprio scaricarti. Scegli tu il modo.

Un po' più gentile del necessario

Il papà di Peter Pan è immensamente saggio e molti di voi sanno che era amico di un grande uomo di nome Robert Falcon Scott. Oggi su pinterest vedo celebrata una sua frase deliziosa.

Sii  sempre un po' più gentile del necessario. Il sempre, rappresenta un bell'impegno e sembra quasi che il po' sia stato aggiunto per lenire lo sforzo. Ma non credo. È che un po' basta già a cambiare il mondo e prima ancora se stessi. Come una gentilezza che esce dal guscio timido, compie qualche passo, si ritrae, ci riprova...

W Kirriemuir, paese dove si seminavano sogni e gentilezza.

http://www.nomosedizioni.it/book.php?ID=12NMS412&cat=1


Catasogn

Sono così, pá Carloeu, o mi trovi inesorabilmente invecchiata? Ancora sulle tracce di sogni, anche se sono più piccoli o tenui. Soprattutto se, qualcuno sussurra.

Catasogn. Accalappia sogni, in italiano non trasmette la stessa idea. Perché catà è cogliere, come l'attimo, l'essenza nel bene e nel male, dalla terra e dall'alto, non importa.

Basta, nel frattempo, cullare quel sogno, ma non troppo, affinché non si addormenti.

Ansia scadente

- Ehi, interessati per l'assicurazione che scade
- Quale?
- La xy
Momento di profondo sbandamento, di arraffamento di calendari, di uno sfogliare selvaggio. Poi esclamo: ma scade a luglio!
- sì, ma non pensarci all'ultimo, è la severa risposta.

Ansia da scadenza malefica, ora esco a comprare i regali di Natale, per precauzione.

La protesta lieve

Lo so, non è nemmeno una protesta. È un modo di essere, non di gridarsi. Andando sul sito della Pro Patria per postare un indirizzo a una persona, il cuore mi si è fermato vedendo la homepage.

Adoro quell'immagine. Settore giovanile... E i Tigrottini. Che Tigrottini Fieri, scalpitanti e con la maglia che si fonde con la loro pelle, di ogni colore; sullo sfondo i popolari con la scritta "città di Busto Arsizio".

Tanti hanno speso parole, hanno cercato di ferirci o usarci. Qui non ci sono parole, ma fatti. Grazie, Pro Patria.

http://www.aurorapropatria1919.it/

Dimenticare - cosa è peggio

Torno con i miei quesiti da stressata, ma mi potete aiutare?

Che cosa è peggio? Il classico dimenticarsi di compiere un gesto, pronunciare una frase sembra quasi scontato. Ma scordarsi di averlo eseguito o detto, magari un minuto prima, non è anche più deleterio?

A voi la sentenza. La leggo poi. Se mi ricordo.

mercoledì 23 gennaio 2013

Honesty - canzone per la notte

Una parola solitaria. L'avete mai vista così, l'onestà? Una parola che cammina sulle sue gambe e può cadere, forse non smarrirsi. Un sostantivo che ripudia l'aggettivo. Un sentiero che sembra troppo stretto.

L'onestà, che è rara, canta Billy Joel, nei discorsi, a volte più ingannatori dei fatti. Ma io voglio pensare che sia difficile da vedere, perché disseminata in tutti noi: la sfida è insegnarle a stare a galla.

Notte onesta.

Se la Roma avesse giocato

Se ci fosse un campionato di serie A, se ci fosse una coppa, o anche solo un bicchiere. Se avesse giocato la Roma e fosse andata in vantaggio sull'Inter. Se per miracolo il 2-0 non si fosse trasformato in 2-5. Se tutto ciò fosse stato - per me, lo so - perfetto e questo primo round fosse stato nostro.

Sono certa che però nel secondo avremmo perso miseramente. Quindi non sto qua a sognicchiare, tanto più che quest'anno non si gioca.

Avrei solo una cosa da sussurrare, un fatto indiscusso per noi: Stramaccioni, tu sei l'allenatore per noi. Ti stai solo preparando, lo so.


Responsabile come Hillary

Di Hillary Clinton mi ricordo la lettura dell'autobiografia. Mi impressionò sfavorevolmente la freddezza; a quel tempo avevo letto anche il libro di Rudolph Giuliani, e in confronto mi sembrava fuoco.

No, non sono una fan di Hillary. Ma ancora oggi la guardo mentre dice: la responsabilità di Bengasi è mia, la sento addosso a me, ho sottovalutato...

Be', io mi inchino. Forse perché stanca di tutti questi personaggi che girano più per le tv che per le piazze e affibbiano la responsabilità delle cose che vanno male agli altri.

Averne, di Hillary, anche in questo Paese.

Ciò che ci danno Sara e Roberta

Ciò che ci danno Sara e Roberta, non si può intrappolare in una frase, in un articolo, in parole lontane dal campo della vita.

Quando leggiamo del duo Errani-Vinci, quando lo guardiamo in tv, quando compaiono, queste due giovani guerriere è come se qualcosa di inesprimibile ci unisse. Un'emozione che il tennis non mi dava da tempo, che si smarrisce sul campo dei fenomeni.

No, queste sono due donne, graziose e testarde, che non si fermano davanti a nulla, e che cercano di accendere un sogno anche per noi, ogni volta. 

Ciò che ci danno Sara e Roberta, è proprio questo: che ogni impresa è una sfida a sé, che nulla ti può fermare davvero se non lo vuoi. E che quando sai trasmettere questa emozione, il mondo perde un po' del suo grigiore.

Forza ragazze.

On t'aime, Sara. Et Roberta aussi.

http://www.nomosedizioni.it/book.php?ID=12NMS412&cat=1

Tutto ti sta aspettando

Sai cosa, Arguta Paffuta? A volte un brutto episodio, uno scivolone, una puntura sembrano colpirti con perfida precisione. Di ogni gravità, da ammalarsi a trovarsi l'auto ko in giorni di festa, a banalità piene come macchiarsi nell'unico momento in cui non si può e non si deve.

A volte, le ombre sembra proprio che ti stiano aspettando.

E poi accadono piccoli fatti, un sorriso piovuto quando ti manca l'aria, uno spostamento d'orario che ti scioglie un problema, una parola che risponda a un dubbio inespresso. E pensi: a volte, le luci sembra proprio che ti stiano aspettando.

Tutto, ti sta aspettando.

martedì 22 gennaio 2013

I'm holding on to the One from above

Non può essere un viaggio impossibile, la canzone della notte. Ritiro tutta quella malinconia, pur ringraziandone le note.

Grazie al cuore grande degli Stryper, so che bisogna tenere duro. Perservare e lo grida una chitarra elettrica, per cui ci credi più forte. Si può tremare e temere, si può essere feriti, ma c'è Uno lassù su cui appoggiarsi per riprendere il cammino.

Tengo duro grazie a quel Qualcuno lassù. E grazie, Stryper, sempre.

Buona notte, combatti piccolo.


In punta di piedi nella notte

Camminare in punta di piedi nella notte, per non calpestare i tuoi sogni. Per non risvegliare le tue preoccupazioni, che non si riposano mai davvero.

Muoversi in silenzio, per non turbare o per non costringere ad accendere la luce. Respirare appena, perché si possa prendere una pausa anche l'aria.

In punta di piedi, con la voglia di indossare ali per sbirciare come finisce.

Brutto affare - canzone per la notte

Brutto affare davvero, se scelgo come canzone per la notte Massachusetts.

Se mi intingo nella malinconia per una musica plasmata dai Bee Gees. Se penso a due amici in angoscia e a un bambino meraviglioso, che lottano. E ai mille posti dove si dovrebbe cacciare il dolore. 

Brutto affare, quando non c'è un suono che possa scuoterti, bensì solo accompagnarti, con prudenza. Un luogo dove rifugiarti, lo vedi da lontano, e sfiori la valigia. Ma alla fine resti inchiodato al suono di una canzone e non puoi volare, riesci appena a muoverti.

Buona notte, restando vicini.

Il figlio del demone

Sono provata, e così il mio pc, dal retweettaggio selvaggio di auguri per Nick Simmons. Anzi, Nick Simmons Tweed.

Con questo fiume ininterrotto - complici mamma e sorella - faccio fatica a capire cosa accada stasera nei dibattiti elettorali in tv. Mmmm, aspetta che forse è meglio che io mi dedichi agli auguri.

Fatto. Nick compie 24 anni. E' il figlio di Gene Simmons, ma siccome ha una madre gagliarda, la bella Shannon Tweed che ha incatenato il demone dei Kiss per tutti questi anni, facendolo infine inginocchiare l'anno scorso, porta i due cognomi.

Bello, brillante, musicista e senza fare troppo i capricci. Un figlio ideale. Vedi

Nick, non è che ti candidi, per favore? In Italia

Avevo trovato il volto da votare

Questa mattina, con somma emozione, avevo trovato il volto da votare. Mi sono fermata davanti al manifesto, che si distingueva dagli altri. Non persone che avevo già visto all'infinito (magari sotto altri simboli o diciture varie, è vero), bensì un viso giovane, nuovo. E persino di una donna. Vai, Arguta Paffuta, che sfatiamo pure il mito che le donne non votano le donne.

Stavo quasi tornando a casa per rassicurarmi di trovare la tessera elettorale. Senonché la voce di quella rompi di Arguta mi ha sussurrato: guarda bene.

Non era un manifesto elettorale: era pubblicitario. La giovane dal volto fresco non si candida, inutile interessarsi al suo programma.

Hai ragione, Arguta, un altro mondo è #patibile; controllerò la tessera più avanti.

Creature mitologiche - N. Y. Dolls

Chissà perché è una giornata, dove si affacciano periodicamente i (le) New York Dolls. Creature mitologiche per me, evocate dai miei gruppi, pionieri dei pionieri, troppo avanti per essere afferrate.

Persino su wikipedia, ho dovuto fare due passaggi prima di arrivare a loro. Perché forse non sono mai esistite, o forse sono esistite troppo. Mi incateno ai loro suoni e penso a quanto sia strano questo successo, che ti bacia, ti lascia e ti prende quando è troppo tardi, e i tuoi sentieri sono già affollati.

Adoro creature mitologiche, con crisi di personalità e follie da non ripetere. L'odore pungente di New York, che non si scioglie mai e ti insegue anche solo per farti sentire amato.

E se la neve sfiorasse il lago

E se la neve ti sfiorasse, per qualche illusione o per un incantesimo distorto, tu non ti tireresti indietro. Scioglieresti i suoi graffi con un respiro lieve e li faresti diventare baci. Poi mi rimproverasti per questo sciocco pensiero, riflesso di romanticherie. Come nella poesia di Heine (era Heine, vero?), in cui si sfotteva la ragazzina che sospirava sul sole al tramonto. Operazione quotidiana, su cui poco fantasticare.
Tu sei un lago e sai stare nei tuoi confini, anche quando sogni.


Generosa prima di tutto

Ti contemplo, generosa, mentre dividi tutto. Prima ancora di toglierti la giacca, di sederti, di raccontare, hai qualcosa da condividere.

Forse le persone vengono da te per assaggiare piccole delizie, per sgranocchiare qualcosa, perché così il tempo passa meglio, e con un senso più gustoso. Ma vengono da te, proprio da te, e chissà quanti di noi capiscono il dono che ci offri, dietro quella tua generosità di piccoli gesti, quell'ansia buona di condividere.

Zichinen

Mi basta quello, mi basta uno zichinen. Un poco, un pochino della tua virtù. Di un dolce o persino di una semplice pagnotta.

Quando basta uno zichinen (parola cara al pà Carloeu), un pizzico solo, il mondo forse ti si offre completamente. Perché hai capito che non ti sazia un molto,  e che non puoi ambire al tutto, a meno che trovi il piccolo, il piccolo soltanto.

E quando esiti di fronte a una briciola, perché temi di sottrarla agli altri, il tutto scorre già nelle tue vene, senza che tu te ne accorga, forse.

Una donna senza calze

So che farò scuotere la testa a tante, ma porto nel cuore una lezione. Il mio primo direttore mi guidò nella cronaca e nel cercare di scrivere per tutti. E ogni tanto con quel suo garbo ironico, tutto ligure, mi faceva scivolare qualche massima.

Una donna senza calze non è una donna. Per anni l'ho assorbita, vacillando solo d'estate. E anche adesso che guardo alle mode ancor meno di 20 anni fa, che son refrattaria allo shopping compulsivo, solo in un negozio di calze mi annullo, rivivo.

lunedì 21 gennaio 2013

Love in chains - Canzone per la notte

Torno da Paul Stanley, che ormai avrà festeggiato. Solo album, anni 70 e tutti fuori quel che basta.

Lei cammina, e come in Strutter, fa girare la testa a tutti. Ma tiene il suo cuore fra le catene e solo la paura resta. Ma non è l'ora...?

Amore in catene. È finita, perché non è mai cominciata. Avanti, fai che sia l'ora,implora la chitarra.

Notte, senza catene.

Love in chains. Love in chains.

E io espongo la mia bandiera

Hai ragione, fratello: è tempo di stracciare le parole ed esporre la propria bandiera. Domani vado, la estraggo dal cassetto dove riposava speranzosa per questa stagione e la sera sorriderà sul balcone.

Perché io sono di Busto, io appartengo alla Pro Patria, a un popolo meraviglioso che mi ha confortato,sostenuto, spronato. Perché non ho mai giudicato una persona dal colore della pelle e non ho nulla di cui vergognarmi.

Vado fiera delle mie tigri. Della città che ha volti e culture così differenti. Che mastica il suo dialetto mai con sufficiente orgoglio! e tante lingue.

Io domani sera espongo la mia bandiera, perché non siamo razzisti. Casoma città i poco autorevole, al di là di tanti proclami. Così chi non sa risolvere un problema sui campi miliardari, cerca di stingere la coscienza su un campo piccolo ma dal cuore enorme.

Domani faccio come te, fratello, e metto fuori la bandiera. E sarebbe bello se tanti lo facessero, per unire, perché dividere non ci è mai interessato. Non a noi.

Il capitano e la regola del 2

In contestazione con la serie A, sono stata salvata da una donna gentile di nome Chiara. Guarda un po' che ha fatto capitan Pupone: ha segnato il gol numero 222.

Tre volte due dal numero uno (nei cuori) giallorossi. Un primo che tre volte celebra il secondo. Chiara lo dedica a me e al libro, io le restituisco la palla, perché è una delle persone che questo viaggio tra eroi e non solo mi ha permesso di scoprire. Una donna gentile, appunto, che sa leggere nei e oltre i numeri, dedicandosi agli altri.


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La moglie del maestro e la lucertola

Oggi gli auguri vanno alla moglie del maéstar, che ha un nome dolcissimo. Agnese, appunto, come la Santa di oggi.

Agnese ha un canto che con l'inverno c'entra poco. Sarà per questo che è sbocciato il proverbio, per cui la lucertola corre lungo la siepe. Non ne vedo, di lucertole, ma qualche timido cinguettio in più (non è Twitter, piantala Arguta Paffuta) mi sembra di percepirlo.

Oggi a una persona che sospirava sulla primavera lontana, ho esclamato: ma è il 21, tra due mesi arriva. Ci è parsa di poterla sfiorare.

Auguri a tutte le Agnese.

Il lago non si rivela a chiunque

Mi sono appena allontanata e mi manca. Il lago intinto nel bosco, che galleggia sui pensieri. Persone che lo amano, mi hanno riacceso la nostalgia. Il lago, non si rivela a chiunque... E chissà perché alla sua corte ha ammesso anche me.

Il lago che maneggia argento e oro, per poi scostarli sdegnato e riprendersi il cielo. Il lago che si finge indifferente, ma una sfumatura differente lo tradisce. Come te quando tenti di non sorridere.

Il lago che si sveglia sempre per primo, senza farlo pesare.


Casinatu! Ovvero saggio

Al momento pensavo fosse un mio stato, invece è un mio sogno. Ul pá Carloeu offre infatti questa dettagliata versione: Dicesi a chi abita nelle cascine isolate e non è aggiornato col vivere della città.


Proprio come vorrei essere io. Un signore che abita in una cascina, è da me ritenuto un saggio e l'ascolto volentieri. Tre giorni fa l'ho incontrato e ho parlato io, purtroppo. Era raffreddato e ho detto: povero, lei sempre fuori a lavorare. Mi ha guardato con corretta pietà: due tizi che conosco, lavorano al chiuso e prendono antibiotici da giorni.

Sono una sciocca di città. Per ora.

domenica 20 gennaio 2013

Un altro mondo è #patibile

Ad Arguta Paffuta piacciono le variazioni sul tema. Questa volta si è convinta che un altro mondo sarà anche possibile, ma pure patibile.

Insomma, se questa mattina vi siete svegliati con il mondo sulle spalle, non è una brutta idea lasciarlo scivolare via: non andrà in frantumi e persino voi vivrete ugualmente, con quella adorabile leggerezza. Ma - mi spiega - Arguta, se diventa un vizio, una malattia, scaricare il mondo è solo una pausa, per pigliarsene un altro sulle spalle.

Al mondo forse è meglio camminare vicino, sfiorandolo di tanto in tanto e lenendo il suo dolore con una carezza.

Buona giornata

I duellanti - canzone per la notte

Sono carica o è l'esatto contrario; fatto sta che mi cullo con un'altra canzone di un gruppo apprezzato, ma non tra i miei miti. Parlo degli Iron Maiden e dei loro Duellanti.

Come spesso accade, la loro canzone si stende come una storia. Ti aggrappi alla vicenda, a questo irrinunciabile duello, mentre ti incitano a batterti per onore, splendore, piacere... Solo quando sei in mezzo, capisci che è per la vita. E troppo tardi che ti sei battuto fino alla morte.

Notte con duelli, senza vane ferite.

Calpestati, rialzati

Calpestati, ci sfioriamo la pelle e scopriamo di essere interi. Ci passano sopra e sembra che stiano ottenendo il risultato, facendoci passare per ciò che non siamo e infangando il nostro cielo, la nostra maglia. Neanche sanno dove siamo, tre quarti di questi giudici improvvisati.

Trasformandoci in un simbolo negativo, senza sapere, senza voler guardare davvero, possono ignorare il problema e non risolvere nulla in tutti i loro stadi. Nelle strade, nei cuori, tutto rimarrà uguale.

Calpestati, noi che abbiamo esposto e onorato tutte le bandiere del mondo. Più ci sbattono a terra, più alziamo la testa, però.

Non so come finirà, questa tortura. Ma non cambierà ciò che siamo, noi che abbiamo esplorato e ospitato ogni continente.

Staccare

Staccare per guardare, per ascoltare e compiere una serie di azioni banali. Ma così banali da mancare, come l'aria in una stanza in cui non si fuma nemmeno più.

Ridere a una battuta tremolante, mordere un pensiero semplice e quindi ricchissimo, camminare piano per scoprire i sottili movimenti di un'ombra.

Staccare ê, sempre, tornare da te.

Amare Audrey

È facile amare Audrey Hepburn, un volto che cammina sulle punte e si ritrae a ciò che è eccessivo. È gioia respirare il profumo di una gentilezza e di un'eleganza innate, quasi stringerlo per un attimo con le mani, anche dopo 20 anni.

Non credo sia stato facile essere Audrey; magari mi sbaglio, ma mi resta sempre addosso un'ombra di malinconia dalla sua grazia. Perché naturale, non significa appunto facile. Perché il dolore è celato sotto pelle, quando ti nutri di discrezione. Perché se sei una creatura che vuole curare un poco il mondo, a partire dai suoi deboli, è inevitabile soffrire.

Audrey così presente, così inimitabile, come una medicina delicata di cui abbiamo bisogno più che mai.

Auguri Mr. Aldrin - compleanno lunare

Che data spaziale, questa. Dai figli delle stelle alla luna.

Compie 83 anni Buzz Aldrin, il secondo per eccellenza nella letteratura delle esplorazioni, visto che la prima orma lassù fu di Neil Armstrong.  C'è un romanzo, dal titolo "Che ne è stato di te, Buzz Aldrin" di Johan Harstad, che vi consiglio di cuore.

Ma occhio a ritenere i secondi come dimessi. Questo signore oggi è più scatenato che mai e se esplorate la sua vita, ve ne accorgerete.

Buon compleanno, Mr. Aldrin.

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Il forse di padre Pio

Tra quelle lettere che mi accompagnano come nuvole, ci sono gocce da serbare con cura ancora maggiore.

Una domanda che gli rivolge una persona su San Giuseppe, se fosse sposato già a Maria prima dell'Annunciazione. E padre Pio, prima di spiegare consuetudini di quelle terre, risponde "Forse era fidanzato".

Inizia la frase così, con un "forse". Mi commuove un santo così vicino al Signore, che usa una parola, non di incertezza, ma di umiltà su una richiesta dal sapore umano. Vorrei chiederla come dono per frenarmi da arroganze facili.

Il bimbo ferito e il sex symbol

Quando guardo il mio maestro di filosofia musicale Paul Stanley, mi stimo tutto della mia scelta, pur vagamente inconsapevole di ragazzina.

Lui - che oggi compie 61 anni - decise di essere un figlio delle stelle, ma poteva anche essere una tigre. Nacque con una malformazione e senza udito a un orecchio. Sofferenze e ferite psicologiche ne hanno scandito infanzia e adolescenza.

Ma aveva deciso di lottare. Il bambino con problemi fisici è diventato un sexy simbol. Il ragazzino che udiva solo in parte, ha incatenato il mondo ad ascoltare.


A chi gli chiedeva se non rimpiangesse di non poter sentire anche dall'altro orecchio, rispose: non sento la mancanza di ciò che non ho mai avuto.

Oggi si occupa di un'associazione che segue i bambini con malformazioni facciali. In fondo, ho capito la scelta della sua maschera: pensa che le stelle, come i sogni, si possano afferrare. Partendo da ogni condizione.

Auguri

PS ringrazio Paul anche per la citazione che gli ho preso in prestito

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Nevica, persino

Dopo aver deriso un po' di bollettini meteo nevica, persino. Manciate di freddi sogni si sciolgono al contatto con la notte.

Scrollandosi via il buio, la mia chiesa addormentata si cuce una luminosa veste, ma la vince il sonno. Attorno, c'è solo voglia di riposare sotto questo gelido auspicio.

Nevica, persino. E non ci importa niente.

sabato 19 gennaio 2013

You shook me -canzone per la notte

Era uno degli stacchi da Bach, mi perdoni la mia prof di piano. Quando ero al limite, alternavo You shook me all Night long a I Was Made.

Non ero neanche una fan dei pur cari AcDc, ma cavolo se serviva saltare sui tasti e liberarsi l'anima. Grazie MTV, che me la inietti ancora.

Buona notte, per tutto il tempo.

Filosofia dal futuro- terminator

Quel senso di angoscia irresistibile, catturato tra sparatorie e lamiere. Terminator, sembra che tu non possa sfuggirgli mai. Invece, in qualche modo ce la fai.

È il destino, a cui non puoi sottrarti.

filosofia dal futuro, Night try

Cambierò (oggi non domani) - canzone per il giorno

Ci vuole una scarica di energia e speranza. Oggi scelgo "Time for change" per accompagnarmi. I ragazzacci sporchi e cattivi cantano che il futuro sarà al sicuro, tra le mani dei giovani.

Non lo so, lo gridiamo o lo neghiamo ogni volta, a seconda dei sentimenti o della convenienza. Ma "Tempo di cambiare" dei Motley Crue ha una sua frase prediletta da Arguta Paffuta, naturalmente. Via dalle bugie dei vecchi burattinai, stanca di tutto ciò che puzza di stantio e falso nel mondo, la voce trova una unica soluzione.

Cambierò. Non domani, ma oggi.

Time for change.

Buona giornata.

Vagando vagando

Solletico procurato dai movimenti dei sogni o dal viaggio che sto compiendo nell'inconscio: una marea lenta si abbatte e trascina via tutti i pesi.

Vagabondi i miei primi dischi, vagabondi i pensieri di grandezza, vagabondi quelli di piccolo realismo che forse se ne vanno addirittura per primi.

Vagando e vagando ancora dentro di sé, dal mare a una montagna asfissiante nella sua libertà, c'è quasi da accogliere il mattino con sollievo. Perché quest'aria così cangiante eppure fedele a se stessa è un regalo troppo grande che non riesco nemmeno a scartare. E vorrei che questa parola racchiudesse entrambi i significati.

Qualcosa oltre la bicicletta

Mi sottraggo anche a questa fase del processo, persino con l'autodenuncia, diciamo così. Non riesco a trarre giudizi, non me ne frega niente.

Credo, come ha scritto uno scienziato, che in Lance Armstrong ci sia molto di più di una bicicletta. Che le competizioni vinte, per sé e per tanti malati, siano ben altre. Non mi unisco neanche questa volta alla danza del fango e non cancello tutte le emozioni donate.

C'è qualcosa oltre la bicicletta e io spero che serva a illuminare la vita sua e di molti altri.

Un anno tra strane poesie

Un anno fa se ne andava il mio poeta dell'infanzia e di molto prima. Così oggi mi chiedo quante, quali strane poesie abbia scritto e ascoltato Giancarlo Bigazzi in questi dodici mesi.

Un anno è enorme e potente, figurarsi se intinto nell'infinito. Eppure con l'ingenuità di bambina mi dico: non possono essere più di quelle che ci ha lasciato. Numerose, struggenti, irriverenti, incoraggianti, con un filo di nostalgia che si spezza solo a una battuta toscana.

Un anno tra strane poesie, Giancarlo, senza dimenticarti mai e sognando un Mediterraneo su cui correre.

La coda della tigre

Ondeggia sulla neve che verrà, la coda della tigre, e tu la osservi forse colpito dall'indolenza. Non c'è passo più lento e aggraziato in questo momento, mentre si allontana da ciò che non le interessa.

Ha fatto le bizze, ha mostrato i denti e ora si è stancata di interpretare quella parte; ma quando si scioglie nel passo lieve, sfiorando il silenzio della neve, allora bisogna temerla ancora di più.

E' bella ed elegante, mentre rallenta nel suo ardore, ma sai che in un istante potrebbe girarsi. E potrebbe essere l'ultima cosa da vedere, la strana danza della coda della tigre.

venerdì 18 gennaio 2013

Fusione al primo suono

Mi devo addolcire, suggerisci. Allora ti servo i Metallica + orchestra. Sai che tra le mie perversioni c'è che il rock si tramuta facilmente in sinfonia, che la lirica si guardò attorno dubbiosa e scelse un futuro con il metal, che le grandi band salvarono il mondo con una nuova, sferzante opera.

Niente di estremista, insomma. Sono qui e ti ascolto. Ma non abbassare troppo il volume.

Buona, assordante serata.

I nostri piani elaborati

Contemplo attraverso gli occhi di Jim Morrison e di alcuni angeli - fedeli o di passaggio - i miei piani elaborati. Forse The end non è la canzone giusta per la sera, ma può nutrire ogni momento.

No safety or surprise, è in realtà il passaggio che preferisco. Quando finisce la sorpresa, si finisce di vivere. E ancora più sorprendente - perdono per il gioco di parole - la sicurezza, così illusoria? Quando tutto si svuota, può riempirsi di altro.

The end è così disarmante e persino rassicurante. La fine dei nostri piani elaborati.

Brucia la prima mela

Emozione e brontolio allo stomaco: oggi in pasticceria hanno preparato le prime mele della Gioeubia. Poi andranno a mille nel giorno regolamentare, ma vuoi mettere che bello fare le cavie? Io io, ho gridato. Pensando a te, che ne vai pazzo.

Perché sai, io sono così virtuosa che mangio appena. Ne sfioro una, un morsetto. Mmmm, la prima mela della Gioeubia è una delizia. Il fantoccio brucia gli incubi, questo bel pomo abbracciato dalla pasta brucia le calorie. Non è vero? No, si premura di precisare Arguta. Allora brucia le brutte sensazioni pure la mela. Zitta e lasciami mangiare, Argù.

La margherita folle

È comparsa così, la prima e folle margherita. Tra ciuffi d'erba più che incerti, a sbirciare se dietro quel cielo azzurrissimo potesse davvero nascondersi l'inverno. Siamo al 18 gennaio, bellezza, e domani nevicherà. Non ci sarà più traccia di te. 
Chi me l'ha fatto fare, potresti e dovresti rispondermi. Invece, ti lasci accarezzare in silenzio.

Solidarietà femminile

Allargando le braccia, l'uomo esce dal negozio. Davanti a lui, di qualche metro, una donna che spinge una carrozzina con il bambino.

A lei si rivolge mentre si allontana, e scopro che c'è stato un siparietto all'interno. Il signore ha bacchettato - assicura simpaticamente - una donna e si è scatenata una rivolta femminile. Solidarietà immediata, senza se e senza ma.

Tant'è che la testimone si allontana e lui ormai quasi parla da solo. Adesso basta - dice abbassando la voce e sistemandosi l'elegante cappello - perché se incontro un'altra donna, mi sbrana pure lei, tutti assassini noi uomini.

Povero, a incombere alle spalle ci sono io. Ma il signore mi risulta simpatico e gli avrei fatto da difensore d'ufficio forse. Del resto, sussurra Arguta Paffuta, mai attaccare una donna alla presenza di altre donne. Per non incorrere in una tale reazione di massa, l'unica è procedere quando la donna di cui si parla è assente.

Il silenzio riluttante

Quel micio che fa silenzio, degno della sua specie, che non spreca miagolii. E tutto si spegne magicamente, per ardere altrove.

Il silenzio si lascia accarezzare, prima di andarsene, e all'ultimo istante può rinunciare a lasciarti; si siede accanto a te, ti scruta e tu non sai come comportarti per farlo rimanere. Una parte di te è persino convinta di non volerlo.

Ma quando il silenzio riluttante se ne va, al primo suono già ti manca l'aria.

La suorina sgridata

Un flash appena, nella preghiera. In quell'istante in cui alzi la testa, e c'è lei, la suorina, che sta eseguendo un incarico. Eppure viene sgridata, un gesto secco e che brucia in un istante. Un gesto che non sfugge alle persone attorno.

E lei reagisce, opponendo un dolcissimo sorriso. Il gesto si è esaurito, ormai cenere, mentre lei sorride ancora.

Carletto uno di noi e più

Carletto Reguzzoni, 105 anni. Bastano queste lettere, queste cifre a trasportarmi lontano, forse più dentro di me.

Oggi un nome, uno stadio che mi ricorda sempre i giovani. Carletto, tigre senza tentennamenti, che con il Bologna poi brillò, ma volle portare la sua passione, la sua serietà ai giovani della sua città. E così è rimasto.

Carletto uno di noi, più di noi. 105 anni fa.

giovedì 17 gennaio 2013

Strutter, canzone per la notte

Più l'ascolto, più penso che sia un inizio perfetto. Essenziale, come una canzone di quattro ventenni folli e affamati dev'essere.

Strutter, tu vanitosa che so quanto mi farai soffrire. Inizia la lamentela del ragazzaccio che finge di fare il ferito; finge perché sa di non poter fare a meno di lei, così testarda da farti camminare lontano, se vuole, da trascinarti alle lacrime, mentre indossa i suoi vestiti più stralunati.

Parole essenziali, musica perfetta perché si nutre di una grinta da anni '70, che pensa ancora di rimanere a Nyc, passeggiando al Central Park, truccati all'inverosimile e così naturali. Guarda, ci sono i Kiss.

Adesso bellezze californiane, e quante rifatte. Vuote, non vanitose.

Strutter fa venire in mente ragazze ribelli che costringono a strisciare con uno sguardo ragazzi ribelli che null'altro chiedono.

Notte vanitosa, come 40 anni fa. Come la prima canzone.

L'ultimo dei Drummond

Non voglio pensare a "papà Drummond" stasera, né ad Arnold, o alla sorellina così dolce e birichina. Forse si sono ritrovati e forse riescono a sorridere insieme.

Todd Bridges, l'ultimo dei Drummond: a lui penso stasera. Al fratello di Arnold e all'ultima traccia di lui che resta qui, oltre che nei nostri ricordi. La sua vita non è stata in discesa, nonostante e forse anche per quel successo così precoce.

Ma ha lottato e reagito. E adesso, mentre una serie deliziosa, che nascondeva il dolore o lo rendeva più sopportabile, si allontana sempre più, io sussurro: buona notte, papà Drummond. E forza Willie.

Come pietre

Mi piacciono le strade così, apparentemente di pietra, ma che ti scavano dentro. Che preservano identità e le offrono agli occhi che vogliono riposare di certezze. Che sorridono piano, senza strafare, e di tanto in tanto si adombrano con una passatoia di festa. Mi piace così, ritrovare vecchi negozi che dalle mie parti sono rari, ma quei pochi combattono. Le città in fondo le amo perché sono così diverse, così uguali alla mia, perché mi mettono in cerca di pensieri. Buonanotte anche a te, Como. 

Trenta o quaranta, rock pari sono

Quarant'anni fa io non ero ancora nata (zitta, Arguta), ma i Kiss sì. Anzi proprio in queste ore misuravano ansiosi un nuovo strano, chitarrista che ne avrebbe fortemente caratterizzato l'inizio.

Trent'anni fa andava all'asilo (e chiudi quel becco, Arguta), ma i Motley Crue uscivano dal liceo della strada e graffiavano le prime notte. Too fast for love, troppo veloce, troppo dissoluto se vogliamo, per amare. Quello che si credeva ogni giovinastro che si rispettasse, di quei tempi.

Sono trascorso "mesi" e loro stessi ricordavano oggi, per uno strano intreccio di post, quei diversi compleanni. Caso vuole, dopo un anno che li ha visti persino in tournée assieme: falsi ribelli e ribelli dichiarati, fusi per un destino che non è bizzarro.

E' la vita. Trenta o quaranta, per me pari sono.

Buon compleanno, ragazzacci.

Dietro la tosse

Ho una tosse così banale che voglio compiere un gesto distruttivo, ormai riposto da tempo. Vado a vedere le patologie legate alla tosse secca. Insomma, non può farmi male, perché è una cosa normale, normalissima, e al massimo capirò perché mi bruciano tutte le ossa insieme.

Nel giro di un minuto, sento la febbre, e la testa comincia a girare. Seguo l'escalation dei mali che accompagnano questo sintomo, e sto già per gettare la spugna. Arguta Paffuta, soffro, passami lo sciroppo, che sono finiti i bei tempi in cui bevevo il vov caldo e mi passava tutto. Internet alla mano, sto male, proprio male.

Arguta, non fare la gnorri e rispondi solo a una mia domanda: questi dolori sono l'inizio e la fine?

E non guardare su internet, che così sono capace anch'io.




Quando non fu scoperto il Polo Sud

Una giornata così, in cui il tuo sogno diventa cenere. In cui un punto inesplorato è stato già posseduto, rivendicato. In cui una marcia estenuante sembra aver perso senso.

Il giorno in cui il capitano Robert Falcon Scott e i suoi uomini non scoprirono il Polo Sud. Quanti di noi hanno seguito una traccia, ed essa è svanita dalla neve? O è stata cancellata da un'altra orma?

Sapete che con il capitano Scott abbiamo viaggiato nel libro "L'importanza di essere secondi - storie di eroismo e non solo". Grazie a lui ho potuto assaporare questo cammino. Che non è tragico, è umano. Che non è di sconfitta, è di coraggio.

grazie, capitano

http://www.nomosedizioni.it/book.php?ID=12NMS412&cat=1

mercoledì 16 gennaio 2013

Dello sgomitare e del volare

Non riesco a sgomitare, mi ha scritto un ragazzo gentile. Meno male, mi è venuto da rispondergli. Non è solo "colpa" di Scott e dei personaggi che ho incontrato nel mio viaggio.

E' anche l'immagine degli sgomitatori che mi spaventa, forse perché tutti l'abbiamo fatto o lo facciamo, ci siamo cimentati consapevolmente o no. Con quei gomiti in alto non sembriamo pazzescamente ridicoli, mi ha chiesto Arguta Paffuta?

L'unico movimento simpatico da fare con le braccia, è volare. E siccome non ci riusciamo, l'unica è mettere le ali ai sogni e alle aspirazioni, mi sa. Così, anche se restiamo ancorati per terra, il cielo non pare poi lontano.

Il deserto di Sant'Antonio

Mi piace così la mia contrada d'origine, quando è ancora imbronciata sotto il buio. La chiesetta di Sant'Antonio addobbata a festa, che rivela i suoi tesori a un piccolo, convinto drappello. Chissà quanti si ricorderanno oggi di entrare e respirare questo cuore in sordina.

Mi piace così, senza folle ansiose, senza bisogno di trattenere il fiato e sgomitare (poi devo tornare su questo sgomitare, ricordalo malu), misurando i passi sulla piazza. In un deserto come quello evocato per Sant'Antonio Abate, così saggio da ritirarsi da tutto tranne che dall'amore. Quel santo ai quali si rivolgevano i miei avi per proteggere le loro case, i loro tessuti, dal fuoco.

Qui nella chiesetta incantata Sant'Antonio ottiene un meraviglioso sguardo, anzi due: dalla Madonna e dal Bambino. Accanto, c'è San Carlo Borromeo, con pazienza. Su quell'altare si sposarono i miei bisnonni e ne focalizzo i volti, specialmente quello minuto e timido di Maria.

Nel deserto di Sant'Antonio, puoi girarti e trovare un amico. La messa è finita, e vorresti bere un caffè. Ma la festa continua e torna il rituale mondano: stasera c'è la cazoeula, ti dice con un mezzo sorriso.

Il giorno si sta risvegliando, sferzato dal vento.

Non andartene inca, vattene proprio - canzone della notte

Oh, una dolce canzone per la notte, e non sto scherzando. Una musica quasi rallentata rispetto al martellare dei Motley Crue, una voce addomesticata a lungo, quella di Vince Neil, e un po' di romanticismo triturato.

Io rubo loro solo il titolo, mentre scorre la canzone, e birbante è anche il video. Quante persone si lagnano, si rendono insopportabili con brontolare che contribuisce solo a svilirle. Ecco, spesso mi mordo le labbra (anche con me stessa, e persino con Arguta Paffuta).

Ma a volte vorrei proprio cantare questi versi dei Motley: girl, don't go away mad, just go away.

Non andartene arrabbiato. Vattene proprio. E certa di aver reso felice almeno Arguta Paffuta

vi auguro una birbante notte.

Testarda e felice

Metti che abbiamo parlato di una miriade di problemi, che siamo usciti con meno certezze di prima e che grazie all'ennesimo caffè forse persino più nervosi.

Metti che stiamo scavando sempre più a fondo per trovare una soluzione o qualcosa che vi assomigli. Che stiamo cercando di domare i nostri caratteri per riuscire a incontrarci con chi la pensa diversamente da noi (o noi diversamente da loro).

Metti tutto questo brillante casino, che ci siamo portati fuori comunque, assieme all'incertezza che regna sovrana.

E nel salutarci, e nel darci appuntamento a presto, sappiamo una sola cosa: che siamo usciti testardi e felici.

Buona giornata, amico.

Le altre contrade, gelose

Ul me maèstar mi ha scritto: bene, bisogna far conoscere la nostra gesa alle altre contrade. All'improvviso, ho capito quanta ragione abbia ogni volta.

Io che appartengo all'estero, al centro della città invadente, e che lì fuggo spesso e volentieri, sono felice di vivere in questo villaggio che ancora mi studia. Che della città non accetta di far parte, perché ha una sua storia. E un suo figlio un paio d'anni fa ha pensato bene di calarci un frammento di Risorgimento, tanto che Garibaldi non poté fare a meno di noi.

Mi piace affacciarmi sulle vecchie corti, anche se so che spariranno. Forse perché so che spariranno, o essere umano contraddittorio.

Maestar, com'è bello il nostro paese, quanti segreti dall'antichità. E le altre contrade a spiarci, gelose.

Scivolare dove non si vuole

Arguta mi rimprovera ancora per l'inopportuno momento che attualmente rende impossibile una corsa. E ancora per un po'.

Allora mi sono ribellata e le ho detto: cara, capita a tutti di scivolare dove non si vuole, di cadere nel momento in cui è indispensabile stare in piedi, si scivola anche da fermi, scivola qualcosa dentro di te. E vai dove non vorresti per niente, se tu potessi resistere, se tu forse potessi esistere. Se tu avessi anche un'unica possibilità di dire no.

A quel punto Arguta Paffuta è stata zitta. Sarà mica scivolata?


I sentieri di Arran

Questa notte per dormire cammino sui sentieri di Arran. Conosco i rischi. Forse, nel frugare tra i boschi incontrerò gli occhi di un cervo e mi ipnotizzerà, ancora una volta.

Sentirò i profumi, che nemmeno l'inverno è in grado di sopprimere, e sognerò una corrente calda, che accompagni ogni sogno. Poche ore ho dormito tra la brezza di Arran, e metallo puro scorreva sotto i cuscini. La mattina, frastornata, un signore tatuato arrivò e posò la colazione davanti a noi con gesto aggraziato. Sul filo della corrente, sotto il peso dell'alba, esitava un uccellino.

E noi nel silenzio di Arran, a ripartire.

Solo che io stanotte ripartire non vorrei.

martedì 15 gennaio 2013

Tutta mia la città


A casa volevo tinteggiare tutte le pareti di rosso, ma ho desistito. Ho cercato di strappare una tinta così decisa per la camera, ma pure lì mi sono arresa e ho ascoltato sagge propensioni altrui. E oggi, sottovoce, ringrazio.

Non è facile rinunciare ai propri gusti, può aiutare una considerazione: è casa tua, ma non solo. Ci hai investito, ma non solo tu.

Ecco, uscendo dalle pareti domestiche, c'è un aspetto che mi addolora, e spesso mi irrita, di un numero non indifferente di politici. Vengono eletti, piazzati alla guida di enti, da mamma Paese a figlioletta Città. E si comportano come se tutto fosse loro. Prendono decisioni, anche importanti e simboliche, sulle base dei propri gusti e talvolta dei propri errori. Tanto non costa niente... Non devono neanche riacquistare un'altra tinta, se capiscono che non va. Sì. accade, che sbaglino e per cercare di correggere, si lanciano in scelte pazzesche per cui tra l'altro sarebbe carino (sì proprio carino, scusatemi il termine banale) consultare i loro cittadini. Insomma, non sei stato investito dall'alto, ma dal basso: e lì sarebbe delizioso lanciare un'occhiata prima.

Tutta mia la città, è un'ottima canzone. Ma da non prendere alla lettera, magari. Dai su... chiedete l'aiuto da casa, ogni tanto. Chissà mai che scopriate come il rosso non vada bene per le pareti.

Goodbye to romance - canzone per la notte

Ozzy è ancora convinto, e del resto chi potrà dirgli mai che il tempo vola. Io mi accomodo ad ascoltare "Goodbye to romance".

Che sarà questa disillusione, questa libertà che non è di ali spezzate e nemmeno perfettamente funzionanti. Ozzy, alla fine lo confessi pure tu, mentre ti allontani: credo che ci incontreremo.

Ci incontreremo alla fine.

buona notte, piena di romance.

Sotto la neve, sotto la palma

La corsa si inceppa lì. sotto la palma. Scossa da un vento promettente, che cerca di plasmare fiocchi di neve. Un vento che mi metterei in tasca, ma che pensiero da Paffuta: proprio il re della libertà voglio ingabbiare.

Cammino piano, che bello. Sotto la neve, sotto la palma, c'è quasi da fermarsi per percepire meglio il sapore dell'aria. Una luminaria di Natale si è scordata di spegnersi o forse era solo curiosa.

Chi vede la differenza tra me e il vento. Forse solo quella palma tutta fiera.

Le due forme di riposo

C'è quello nutrito ancora dalla stanchezza, quello che non comprende forma di agitazione alcuna. C'è quello dell'umanità frettolosa, pronta a risvegliarsi e ripartire appena recupera le forze. E quello che non si alimenta di nulla.

Assaporo queste due visioni delineate da Sansot, nel viaggio attraverso la lentezza. Riposarsi in fretta o in vista di un ulteriore compito, non è il riposo che cerco per ritrovarmi più umana. E' quel vivere anche se stesso, scoprirsi e a volte nemmeno quello: un'altra forma di vita, forse più sublime, che richiede un cammino lungo e intenso, mai sfibrante.

Come contemplare la luce, senza usarla per vedere altro, forse.

Ti ascolterò, Lance

Da giorni leggo assaggi, passi di avvicinamento all'intervista con Oprah. E ti ascolterò, Lance, come ho sempre fatto. Come ho cercato di fare con gli altri, spesso fallendo.

Tu parli di errori, tracci la rinascita. Non sto parlando della tua, ma di quella che ciascuno può avere. Io compresa. Ho imparato troppo da te, per cancellarti. Ho assistito a troppi linciaggi (forse preso parte, persino provocato), per partecipare anche al tuo.

Non ti ascolterò per giudicare, Lance, forse nemmeno per capire. Ho stracciato il biglietto dell'accanimento nei tuoi confronti, disumano, e combatto nel mio piccolo tentazioni ogni giorno. Aiutami tu, se vuoi, Lance Armstrong.

Quelli che ma

Quelli che rispondono "ma" a prescindere. Senza acca, proprio avversativo e stop. Mi puoi prendere questo? Ma piove. Mi fa quest'altro? Ma non ho tempo.

Accidenti, sempre a imbronciarsi con quel ma. Perché non succede mai che tu chiedi: mi dai una pugnalata? e uno risponde: ma non la meriti.

Il "ma" ci separa dal mondo, ci mette all'opposizione con testardaggine che punisce prima di tutto noi.

Ma la vogliamo piantare? Ops.

L'ultimo rintocco

L'ultimo rintocco che sento, prima di sciogliermi nelle sensazioni che non ricorderò. La campana che sussurra, come per addormentarmi con una canzone subito smorzata.

L'aria che promette neve, ma non sa se accontentare, stringe quel suono. Io già sono sprofondata in altro, con quella voglia di ribellarmi alla certezza che altri rintocchi arriveranno, ma io sarò troppo lontana.

Fino a quello della mattina che sentirò, ma solo perché si sarà spezzato un sogno. E borbotterò contro di lui, ingrata, perché non potrò farlo contro chi quel sogno mi ha rubato

Giova nascere in un secolo assai depravato

Compio qualche passo con Montaigne, nel cuore della notte, per ritrovare il filo. Il benessere fisico e spirituale, che trattato strano.

Poi mi impossesso di questa frase: giova nascere in un secolo assai depravato. Perché, maestro? Mi sembra di sentirlo sospirare: poiché a confronto degli altri, voi siete stimato virtuoso a buon mercato. Ad esempio, chi ai nostri giorni non è che parricida e sacrilego è uomo per bene e d'onore.

Sono timorosa a cercare di far paragoni con il secolo, e millennio, attuale.

lunedì 14 gennaio 2013

Al diavolo i giudizi - Canzone per la notte

Stasera mi carico anche questa canzone per la notte. Shout at the devil, anch'essa nata nell'83. I Motley Crue sembrano sporchi (di trucco) e cattivi, e questo è il famoso album che la zia fu costretta a regalarmi, lamentandosi della vergogna perché i quattro erano nudi. Naturalmente non era vero, e una delle cose più stupide da adolescente era stracciare la carta in tutta fretta.

Anche qui, giudizi, pregiudizi, sentenze. Ma io la sento e grido così: sì, al diavolo. Al diavolo i giudizi, le paure, i problemi, i limiti, specialmente quelli creati da noi.


E poi dentro, dentro la notte, a ridere di noi stessi, con il rossetto giusto, e il resto si vedrà.

notte

Relax, meno male

Relax arrivò nel 1983, ma ci trasmise la scossa e ci fece ballare un anno dopo. L'anno magico, 1984, quando tutto doveva andare malissimo, e invece dalla perfezione ci stordì pure.

Relax arrivò a fare scalpore, perché in quegli anni bisognava pur scandalizzarsi per qualcosa. E allora a scavare, a trovare i significati più proibiti, a scovare il lato pruriginoso.

La realtà è che Relax ci convinse a ballare e a dimenticarci un pochino di noi stessi. E ancora adesso, quando la sento, non posso che seguire il suo ritmo e pensare che ci rilassassimo tutti al mondo - nel modo che ciascuno crede più opportuno - sai quante cavolate in meno respireremmo e spareremmo?

relax... meno male, Frankie, che sei andato a Hollywood.

Sapessi dire grazie, come te

Caro amico, dal quale imparo sempre tanto, oggi ti sono particolarmente riconoscente. Ti rendi conto dell'osservazione meravigliosa che hai scritto e che a me non è entrata in testa in 30 anni di vita (Arguta Paffuta, zitta, quelli che mancano al calcolo sono tuoi)?

Io ti rispondo solo grazie... Grazie. E' la parola più bella, amico mio. La più calpestata. La più dimenticata. Quante volte pronuncio "grazie"? Troppo, troppo poco rispetto a ciò che ho ricevuto. Grazie è la negazione del dare per scontato, e a me accade così spesso.

Insegnami ancora. Rivolgendomi un grazie che non merito, mi aiuti a fermarmi un attimo in più e a scandire i grazie che sto dimenticando.

Grazie, un mondo, amico mio. Sapessi dire grazie, come te.

Nel nome di Humphrey

Humphrey se n'è andato così, lasciando dentro di noi quell'aria rassicurante nella sua tristezza. Nato a New York e morto a Los Angeles, come tante star.

Ma ci sono stelle che si ritagliano uno spazio unico nei pensieri. E che siano febbrili certezze come in Casablanca o improbabili metamorfosi come in Sabrina, camminano sempre sulla nostra strada, portandoci una luce timida e sincera.

Humphrey se n'è andato così il 14 gennaio di un secolo e millennio fa.

Sei una donna intelligente - incomunicabilità

Stiamo discutendo di calcio, il che mi fa arrabbiare il doppio perché quest'anno il campionato di serie A non si disputa. E non mi piace discutere del niente.

A un certo punto lui la usa, quell'espressione terribile. Quell'esordio: sei una donna intelligente...

Che significa esattamente il contrario, si sa: chi bene inizia, peggio finisce.

Sei una donna intelligente, perché dici queste corbellerie? E' la frase completa ed esatta. Mi chiedo perché per dire qualcosa di antipatico occorra iniziare con una frase suadente.

Fallo. Doppio fallo. Espulsione. Per me, lo so.

Abbiamo fatto tacere il mondo

Con lentezza, ci arrivo anch'io, colpita da questo silenzio metallico. Abbiamo già fatto tacere il mondo...

Chiudo per un attimo Sansot e medito su questa musica irreale. Portiere che sbattono, freni al semaforo, urla varie, le mamme all'asilo che sgomitano per un posto appiccicato all'ingresso. Le campane sono il suono più gentile.

Abbiamo fatto tacere il mondo, insiste Sansot nel Buon uso della lentezza. Stabilito che la Natura debba essere inerte.

La primavera ci proverà. Cercherà di farsi sentire, con le sue voci fresche di energia; avrò gli uccellini sotto casa che tenteranno di riprendersi il loro spazio nell'aria. E noi a soffocarli, forse davvero per invidia.

Vònciu

E' l'insulto più grave sentito ieri. Vònciu, e basta. Poi c'è il megafonocronista Ale che ha urlato indecente, perché è un signore.

Lo stadio resta l'unico luogo dove riesco a parlare dialetto senza difficoltà, perché non mi metto a tradurre stupidamente: esce dal cuore. E quando lo ascolto, nelle sue espressioni più colorite, mi sento una bambina che recupera qualcosa, una birbante forse.

Oggi di fronte a un'azione scorretta, ho sentito quel "vònciu". Sporco. Punto. E respiravo quell'aria pulita da ipocrisie e timidezze.

Tutto qui

Inizia una settimana, un'esplorazione, un respiro. Tutto qui. Infilo nella borsa ciò che serve per la giornata, e penso a una ragionevole certezza, ma non ne trovo.

Passo dopo passo, anche quando sembra che io stia viaggiando lontano, mi avvicino a te. Voglio coltivare almeno questa speranza, perché quando metto il piede fuori, avverto già la mancanza.

Ascolto, mai abbastanza. Parlo, sempre troppo. Scrivere, non ne parliamo. Mi guardo attorno e provo a riconoscere. Insomma, vivo, o così pare.

Buona settimana.

Tutto qui.

Sì, ma Giuseppe?

Guarda bene il presepe gentile che da venerdì torna nella sua scatola in cantina. Il mio invito ritorna, come un boomerang.

Quel bambino che cattura gli sguardi, e Maria con lui. Sì, ma Giuseppe? Lo guardo, questo papà, e mi frusto per il mio orgoglio femminista. Sì, insomma, la prescelta è Maria, una ragazza, una gran donna nella sua umiltà. Ma quanta umiltà, quanta forza occorrevano per accettare, accompagnarla e percorrere quella strada?

La tolgo per ultima, quella statuina, in modo da offrire a questo padre straordinario un grazie speciale.

Ps - Grazie al bellissimo libro firmato da Quéré, che fa scoprire Maria e non lascia andare perduto Giuseppe

domenica 13 gennaio 2013

By the way - Canzone per la notte

A proposito. Non c'entra niente, ma la musica ha già preso il sopravvento. Inizia tranquillamente come un taxi preso con noncuranza, e si trasforma in un ritmo ossessivo. By the way.

Lampi come pensieri, ascoltarti e non perderti, ma tutto un mondo si dipinge davanti e non voglio scostarlo, perché viene da te.

Ci vuole una canzone per la notte, e corrono i Red Hot Chili Peppers. Non mando via nemmeno loro, anche se preferisco la parte più dolce della canzone.

A proposito, cercavo di dirti che ci sarò.

Notte.

Le orme di Ayr

Su una spiaggia che respira e prende corpo, immergo i piedi come i pensieri. Non possono essere pesanti, perché non affondano. E se osassi, potrei spingermi al largo, perché la spiaggia non mi abbandonerebbe come il mare. Lo inseguirebbe per fargli capire le mie esili ragioni.

Resta con me, meno fisso di un faro, e meno fragile.

Sulla spiaggia di Ayr spingo i pensieri, unici a sottrarsi ai timori. E sento che potrebbero persino correre avanti, fino a nuotare.

Man Was Made to mourn, l'uomo è stato creato per piangere. Lo dice il poeta, il bardo. E vedo le sue orme che guidano quelle incerte dei viandanti, sul lungo mare di Ayr. Il suo fermarsi a osservare un uomo vecchio e stanco, prima di rimettersi in cammino.

Listen to Robert Burns

Pillole di gioia

Il Pedotti che porta il suo camion, vi carica dei fusti e su la truppa. Ci senti, vero, Pro Patria?

Arrampicatori sugli alberi. Primo premio allo "zio".

Avanti tutta, dopo due gol Roberto e io non possiamo più separarci, è chiaro: scaramanzia, mi fai un baffo.

Secondo tempo, il megafono va ad Ale. Che ricorda ogni istante della partita d'andata, che infila la mano nella tasca e avanti navigato commentatore. E quando tace un attimo, il Ninetto  - che come tutti noi pende dalle sue labbra - lo invita: avanti!

Quando gli avversari si fanno sotto, noi a distogliere lo sguardo dal camion, come se avvenisse l'azione.

Il panettone per scaldarci. Il Giuseppe che, controllate le luci, viene a stare con noi. Sergio che vuole dimenticare che per una sera ha dovuto tifare Juve e i suoi occhi brillano. Giovanna che rifornisce di liquirizie a volontà.

Gli Amici, tutti. Siamo la Squadra, ragazzi sotto la curva, che questo muro non esiste.Come altri muri, che non noi abbiamo costruito.

Tra tutti i canti e le urla, come dentro lo stadio, ne scelgo uno, clacson al secondo gol. Veniva dall'auto di una pattuglia: me lo sarò sicuramente sognato...

Pro, ma che sogno sei, continua così.

Appartenere

Ha senso stare con quelli ai quali appartieni. E che sanno di appartenerti. È facile sottrarsi alle sfilate di vetro, perché invecchiando c'è un istinto che ti guida.

Se vai dove appartieni, non ti sbagli mai. Senti il cuore travolto, ma è uno scossone di pace. Sei tra la tua gente, non tra chi finge e prova a blandirti finché servi. Chi ti risponde e chi no, chi ti saluta, chi ti chiama, chi ti perdona.

Sono la tua gente. Gli altri, figuranti. Che vedi sullo sfondo, mentre vivi un abbraccio vero.

Il palazzo è sempre uguale, e a me sembra centomila volte più bello delle prodezze urbanistiche fiorite attorno. È dove ho trascorso ogni festa da bambina, dove sono rimasta quando la mamma era in ospedale, dove ho giocato selvaggiamente a flipper, dove mi sono ribellata quando la zia pazientemente cercava di darmi la frutta cotta.

Tanti dove... Dove come in un santuario, nella camera dei nonni, sbirciavo i miei avi. Non ho mai vissuto lì, se non nei giorni d'emergenza. Eppure anche quella, così lontana nel tempo, è cá. Un pavimento tirato a lucido, un profumo sobrio, una tavola imbandita cui si sfuggiva per aprire i regali.

Guardo il palazzo, dove ho anche la fortuna di entrare, grazie a uno mio amico che ha lo studio lì. Ma salire fino a cá, su quell'ascensore, l'ho fatto solo una volta. E davanti alla porta, ho sentito come una puntura nell'anima, finché mi sono allontanata.

Il giorno dopo il terremoto

Haiti, una volta all'anno il compito è frettolosamente eseguito. Un anniversario, un ricordo, un dirsi: poveri, sono ancora conciati così.

E non cambia mai, mentre si archivia, con rapidità,a parte rari colleghi che hanno sempre dedicato energie e anima alla sua storia, Andrea Riscassi in testa.

Il giorno dopo, il vuoto.

Eppure da Haiti, insegnante di sconforto (con il nostro determinante contributo), ho imparato la speranza. Ha i colori delle casette di suor Marcella, tra tutte le difficoltà e senza illusioni di poco prezzo. È la fiducia che lei offre, alla sua gente lì e a ciascuno di noi. Quando la leggo, la ascolto, nulla mi è impossibile, perché il mio sguardo sale. E quando si posa sulle mie inutili mani, le trova forti come non sono, come possono essere, per un istante e una vita.

Grazie, Marci


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(diritti a suor Marcella e agli angeli dell'hospice)

Tante parole e una copertina

Far parte della squadra del Tigrottino è una gioia, un onore, e dai miei compagni imparo ogni giorno. Dal più giovane (Ale, via dalla balaustra) al più vecchio (non indago bene chi è perché potrei trovarmi ad esserlo io), mi trasmettono una carica degna di quella dei miei giocatori della Pro Patria.

Siamo tutti della stessa squadra. Ho sempre amato arrivare allo stadio e cercare il giornalino, era anche un modo per salutare Luciano, suo creatore per una vita, e lo ringrazio, perché il sorriso è una certezza da tanti anni.

In questa stagione il Tigrottino è cambiato e io ogni due settimane attendo felice gli ordini di capitan Luca. Ogni scambio di opinione è una delizia. Certo, il momento più bello è quando compare la copertina e dopo un'adorazione silenziosa, inizio a sfogliarlo.

Questa volta, mi sono prolungata nell'ammirare. La mano nera, la mano bianca e quella blu...

Abbiamo speso tante parole in queste maledette settimane, a spiegare cosa sia la Pro. Basta un'immagine.

Grazie, ragazzi. Grazie a chi mi permette di vivere quest'esperienza. Alla mia squadra, tutta. Agli amici, che anche in questa tribolata domenica incontrerò.

http://www.propatriaclubs.com/2013/01/che-tigrottino.html?m=1

Mariangela, si può non dimenticare?

La sensazione di aver perso qualcuno e un mondo irripetibili non se ne va. Mariangela, seguo l'onda dell'addio, distogliendo pentita lo sguardo dal pianto di Renzo, per rispetto a te e a lui.

Col magone, soffoco la paura. Sei unica e non ti dimenticheremo. Sarà così. Ma quanta tv, quanto teatro, quanto di noi consentirà che accada questo? Penso ai troppi dimenticati e ho paura.

Ma paura di che, mi dico poi, quando si può essere sempre travolti e sempre opporvi un serio sorriso.

Agrado e il costo di essere autentici

Di Almodovar non sono fan accanito, ma il personaggio di Agrado mi incatena. Riassistere al monologo di questa creatura che per spirito e nome cerca di rendere gradevole la vita agli altri, è un dono.

Il suo monologo riconcilia con tutto, nel suo dolce paradosso. Lo dice lei, che costa molto essere autentici, e diventa ancora più vero.  Fino a sciogliersi al colpo di grazia: una è più autentica quanto più somiglia  all'idea che ha sognato di se stessa.

Un filo che conduce a Don't dream it, be it.

sabato 12 gennaio 2013

La polvere e il momento - canzone per la notte

Perdonate la malinconia, o che non riesco a prendere casi montati su frammenti di parole, che sfuggo ai dibattiti elettorali o ai saldi.

Dust in The Wind, questa canzone è sempre nella mia mente, da quando me la fece conoscere mio fratello tanti anni fa. Se ne andò un anno dopo, e lui era polvere di stelle.

La saggezza dei Kansas uno schiaffo glaciale. Chiudo gli occhi per un momento, e il momento è andato. Siamo solo polvere al vento.

Se ci sentiamo (onni)potenti, non ci accorgiamo di come tutto si sbricioli.

Siamo polvere al vento, passiamo come tutto tranne la terra e il cielo. E forse bisogna sentirlo per essere già lievi,

Notte.

Il riscatto di Marsiglia

L'anno è iniziato, e Marsiglia si esercita a svolgere il ruolo di faro. Sono felice, sulle sue spiagge che vedo bianchissime.

Vi avevo già espresso la mia gioia nel constatare che fosse stata eletta città della cultura per il 2013. Non è solo questione di essere i più importanti in un'area che brilla, ma di offrire luce in prima persona.

Così respiro il tuo riscatto, Marsiglia, porto che ho adorato dalle pagine di Dumas arrivando fino alle tue braccia. Così pregusto la tua sfida, e vorrei esserne un pezzetto, anche da lontano: ovvero imparare da te, ancora una volta.

Never judge a book by its cover. Ma anche la tua copertina è meravigliosa, Marsiglia, guardandola con occhi da bambino.

Le parole comuni, mio Dio

Che coltellata anche questa. Sansot scrive che le parole comuni sono "più ricche perché hanno girato per le strade e nelle case". Evidenzia un esempio: chi dice "mio Dio", non necessariamente ha fede.

A noi giornalisti hanno raccomandato giustamente di usare sempre un linguaggio diretto, comprensibile a tutti, più comune possibile. Spesso, ci siamo cascati e abbiamo scambiato semplice per banale.

Se non ci vacciniamo, non usiamo parole comuni. Scriviamo gli articoli di nera a volte come un verbale. Uno di economia come un resoconto aziendale o sindacale. Uno politico senza chiederci: ma che cribbio ci sta rispondendo questo qua, sempre che abbiamo fatto davvero delle domande, ma questa è un'altra storia.

Le parole comuni sono ricche, ma talvolta non vediamo alcun tesoro. Sto ancora cercando di infilare gli occhiali, quanto è duro a volte attingere alle ricchezze.