domenica 23 febbraio 2014

Camminare a passo più lento (costi quel che costi)

Stasera mi fermo e mi godo le variazioni sulla pazienza. Una sostanza che non si sazia di aggettivi, un traguardo che si lascia intravedere, un sole troppo forte per gli occhi eppure - forse per questo - irresistibile.

Prendo una perla di Portolano su Twitter, quel richiamo a camminare a passo più lento, e torno ai miei eroi in Antartide. Fine febbraio è un periodo terribile per il capitano Scott e i suoi uomini: hanno perso Evans, il loro gigante, quello che non doveva fermarsi mai. E di lì a poco Oates mostrerà i suoi piedi rosi dal gelo.

Sono scossi e deboli, così li definisce il loro compagno di avventura Cherry-Garrard, nel suo diario di viaggio che i percorsi di più squadre riunisce.

Dovranno rallentare, ancora.

È imparare a camminare con il passo più lento perché non voglio lasciarti indietro

Così parla Portolano, e questo mi commuove ancora di più pensando a quegli uomini che si comportano proprio così. Rallentano, per non lasciare indietro un compagno che non ce la fa, e  in questo modo sanno che anche loro non usciranno vivi dall'Antartide.

Ma che cos'è, la vita? Il confine tra pazienza ed eroismo, labile sotto una bufera di neve.

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