venerdì 27 maggio 2016

Efrem e cose da sussurrare

La bellezza attorno a noi, dentro di noi. La respiro già avvicinandomi alla sede della mostra, in una via che troppo spesso dimentico: percorsa a piedi si svela senza timidezze.

Quando varco la soglia della R&P Legal, la avverto ancora di più: perché ci sono luoghi meravigliosi, capaci cioè di meravigliare. Luoghi dove si lavora, si produce, eppure si può alzare lo sguardo per lasciarsi incantare.

Ora mi chiamano le pareti. Le fotografie di Efrem Raimondi. Lui il 16 giugno (al museo del Tessile, sempre a Busto Arsizio) terrà una lectio magistralis spiegando che la fotografia non esiste. Non senza di noi.

Cancello il termine spiegando. Riscrivo: narrando. Lo credo, perché narrano le sue fotografie. Self-portrait è un viaggio che mi interroga, mi scuote, mi fa (ri)conoscere persone. Alcune al primo sguardo, altre scavando nella memoria, altre ancora scrutando negli occhi ciò che hanno tessuto nella loro vita quotidiana.

Ciascuna di questi venti fotografie ha un proprio potere. Io ne porto nell'anima tre in maniera speciale. Fernanda Pivano, così radiosa, di una bellezza che toglie il fiato e incoraggia a correre avanti. Mark Knopfler, come un'ombra di malinconia, di apparente stanchezza, che sta già mettendo in moto altra musica.

Poi l'operaio tessile. Sarà che mi accende ricordi e speranze, oggi più che mai.

Ma mi fa anche guardare attorno, di nuovo, e raccogliere le sensazioni tra la gente vicino a me. Che bello, sento, sembra di essere a Milano: qui si sta tessendo, ancora.

Perché c'è qualcosa di nuovo che si respira in questo luogo così bello e capace di aprire le porte alla fotografia e alla città. Ha invitato Busto Arsizio, e non solo, a osare: uscire, rientrare, ammirare l'arte e volerla incontrare attraverso le opere e la voce di Efrem in questa mostra con il patrocinio del Comune.

Sono cose da sussurrare, e ho già detto troppo. Ma l'unica parola che devo aggiungere, è grazie. Perché abbiamo bisogno di una scossa, di abbassare i toni e alzare gli occhi, trovando - come scrive Efrem nella presentazione - la nostra voce.

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