sabato 25 giugno 2016

La macchina del referendum

Un giorno sono tornata a casa decisa: ho scelto l'auto nuova e anche il colore. Però, siccome sono democratica, metto la tinta ai voti ugualmente in famiglia.

Io dopo tanti anni di auto grigia, la voglio rossa. Ero in combattimento, perché c'era anche azzurra. Va be', la metto ai voti, tanto già io spiano la strada scrivendo rosso sulla mia scheda.

Il resto della famiglia ha votato azzurro. Siccome siamo in tre aventi diritto al voto, ho perso di poco tecnicamente, giusto? Quindi potrei ratelare.

Sono andata in concessionaria e sono salita sulla vettura blu, maledicendo la mia tentazione di democrazia. Che poi devo guidarla io, mm, potevo far valere il doppio io mio voto. Oppure aspettare una settimana e tentare di farlo ripeterlo...

Ecco, la prossima volta decido io e basta: se non piace, amen. Ma so già che non lo farò. Perché a me votare, e far votare, importa moltissimo, anche nelle minime cose. Anche quando penso di aver ragione io, ovvero quasi sempre, da umana.

Così ho pianto per #indyref, ma sono sopravvissuta moralmente. Non mi straccio le vesti per Brexit.

Mi sento solo triste quando seguono altre conclusioni: hanno deciso i vecchi, non bisogna far votare tutti e altre considerazioni.

La realtà è che gli altri sbagliano sempre, quando non votano come vogliamo noi. Ma sapete che ho il dubbio: non è che pensano lo stesso di noi?

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