domenica 5 marzo 2017

L'inverno che si specchia nel mare

Ci sono inverni che non passano mai, come i mari non sembrano voler cambiare. Ci sono onde che accendono, come fiamme che alleviano il dolore.
La natura e l’uomo nelle opere di Annibale Vanetti, incontrati sul finale della mostra allo Spazio Arte Farioli: "Inverni del mare", la intitola, e io perdo una “v” per un attimo, la plasmo, vedo tutto l’inferno in quell’acqua che ci fa nascere e ci trascina a fondo, che ci imprigiona negli incubi e ci libera. So che Annibale viaggia indietro nel tempo e dal mare torna al fiume Olona, da noi tanto amato con malinconia, perché solo quelli prima di noi si sono tuffati, liberi appunto.

L’acqua ci culla ancora, anche se noi l’abbiamo imputridita. Cerco da bambina di ripercorrere la strada di quest’artista che mi porta lontano, tanto da farmi guardare dentro me stessa. Il mare di cui ho paura, come del limite. Il mare in cui sperano in tanti disperati, che diventa la loro tomba. Il mare d'inverno che ascoltavo avidamente in Francia di notte, nell'ultimo viaggio con papà: un canto più profondo, come per ringraziare l'inverno di specchiarsi in quelle acque.

Eppure c’è sempre speranza, in questi tratti, in questi colori e in questo incupirsi. Mi resta come un’ombra un’immagine, legata al bitume che si unisce al canto degli altri materiali  usati. Quella degli uccelli imprigionati dalla nostra crudeltà, non da quella del mare, mentre di quello strato nero cercano di liberarsi. E quando esco da questa mostra, sogno che ci riusciranno.

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