martedì 14 novembre 2017

Papà e l'arte del mandarino

Una delle arti in cui più ti ammiravo: quella di sbucciare la frutta. Mandarini, arance, mele, non importava: tu afferravi ciascun frutto e lo spogliavi, senza spezzare mai la buccia. Contemplavo quei capolavori, come i bicchierini creati con la carta delle caramelle, quand'ero piccola.

Crescendo, mi sarebbe piaciuto assomigliarti in molte cose: anche in questa. Ma ero di fretta, pasticciona e impaziente. Non andavo matta nemmeno per la frutta, a dire il vero, tranne quella che non si sbuccia affatto o dove si vince facile.

L'arte del mandarino: io guardavo le tue dita procedere sicure e non vedevo il reale trucco, come accade nei giochi di prestigio.

Il tuo sguardo, che ora contemplo nella foto, me lo sussurra. La pazienza: quella di sbucciare con cura un frutto, di iniziare una strada, di non farsi abbattere, di sentire il rumore di un fiore che prova a crescere o di imparare il verso dei merli fino a cantare insieme.

Quella di sentire tua figlia fin troppo adulta gridare, come una ragazzina: papà, posa che ti faccio una foto mentre levi la buccia senza romperla. E di obbedire, perché le vuoi troppo bene.

Nove anni dopo che hai smesso di farlo, in apparenza, ti rivedo così e sento quel profumo di mandarino che neanche mi piaceva e che ora mi sembra un aroma magico.


3 commenti:

  1. Carissima Marilena questo tuo bellissimo racconto mi porta subito alla mente quel racconto della vita di Gesù in cui uno sconosciuto “pieno di stupore” diceva “ha fatto bene ogni cosa”, da quelle più semplici, quotidiane, abituali come quella di sbucciare un frutto. Non “fare per fare, perché dobbiamo fare” quasi come automi programmati, senza esserci dentro quelle cose. Grazie Marilena e non stancarti mai di raccontare la vita, quella vera, quella che non fa notizia, perché è una “bella notizia”, è Vangelo.

    RispondiElimina
  2. Carissima Marilena leggendo questo bellissimo racconto mi viene subito alla mente quel racconto della vita di Gesù in cui uno straniero “pieno di stupore” dice “Ha fatto bene ogni cosa”. Fare bene ogni cosa come quella semplice, quotidiana, abituale di sbucciare un frutto appunto. Non “fare per fare, perché dobbiamo fare ...” come automi programmati e anonimi, senza esserci dentro le cose che facciamo. Grazie Marilena e non stancarti di raccontare la vita vera, quella che non fa notizia, perché è “bella notizia”, “ευαγγέλιο”.

    RispondiElimina
  3. Stupore e fare bene ogni cosa. Grazie! E restiamo dentro.

    RispondiElimina