mercoledì 31 gennaio 2018

Tutto tranne la pioggia rigida

Tutto cambia nella notte, travolto dal correre del tempo e dei pensieri. La casa dei nonni è spenta, ma l'appartamento a fianco accende le luci delle sue finestre e ti sembra di essere là.

Forse è una festa, forse solo il tempo del sonno. Forse è già tutto passato, com'è.

Una strada dietro l'altra ha  mutato pelle. Tutto cambia, tranne la pioggia rigida dell'inverno, quella che appare quando meno te l'aspetti e di fronte al tuo sconcerto ti accarezza, persino.

Notte e il bene ti sorprende di più

Il male ti sorprende, ti afferra alla gola, devastante o ispido quel che basta per ferirti, sa rovesciarti giorni, ore e anima.

Quando capisci che proprio non puoi farci nulla, quando ti arrendi solo un poco, ma non a lui, ecco che può accadere che si presenti il bene.

Qualcosa di molto più immenso, che fino a quel momento non si era fatto notare. E tu lo contempli, con lo stupore infantile, di chi si sorprende di crederci ancora o di aver pensato, anche solo per un istante, di non crederci più.

Notte e il bene ti sorprende, di più

martedì 30 gennaio 2018

Si scioglie il cielo

Si scioglie il sole, sulla solitudine d'asfalto. Monti che arrossiscono e si ritraggono, quasi quanto noi.

Tutto attorno il silenzio di una strada spoglia, che ci riporta alla nostra vera meta. Un'anima che contempla il cielo, mezzo sciolto già, e corre avanti, ancora.

Notte e questa sera ci vuole un segno di maturità

Rincorrendo coincidenze e ritardi del mondo, capisco che devo dare una svolta. 

È tempo di offrire un segno di maturità. Essere adulti, oltre ogni tentazione di vacillare o di avere paura.

Basta, ho deciso: guarderò Harry Potter.

Notte e questa sera un segno di maturità.

Un gesto lento

Solo un amico saggio in modo strepitoso può vincere la mia pigrizia, alleata con la mia corsa di reazione.

Bisogna compiere un gesto lento. Uno che ci restituisca un po' di umanità. Allora gli scrivo una lettera: compio persino l'immensa fatica di mettere un francobollo e imbucare.

Già un po' sollevata, la immagino in viaggio. 

E adesso procedo lentamente come lei, non come una mail irrequieta.

lunedì 29 gennaio 2018

Notte e basta poco (anzi tutto)

Quante volte, sono rimasta a piedi. E non sempre (come oggi) è stato un eufemismo.

Spesso mi rigenero pensando come io sia ripartita. Ma la gioia più grande è constatare l'aiuto degli altri.

Basta poco. Tu resti a piedi in un momento in cui ovviamente puoi permettertelo ancora meno e la testa ti scoppia. Ma qualcuno ti sussurra: "Stai tranquilla, ci penso io".

Stai affondando sotto una pioggia che non avevi previsto e ogni goccia appare un macigno. Ma qualcuno ti sgrida: "Ehi, ci sono io".

Constati l'amara slealtà, ma una voce gentile si appoggia sui tuoi pensieri: "Dobbiamo andare avanti, ho una nuova idea".

basta poco, anzi è tutto, quando riparti. Specialmente se non merito tuo.

Notte e basta poco (anzi tutto).

domenica 28 gennaio 2018

L'ora più buia, da adulta

L'ora più buia. Esco frastornata da un film che non so ancora mettere a fuoco, se non nella straordinaria interpretazione di Gary Oldman.

Non vado spesso, al cinema,  e forse mi sto disabituando, se mi mette in crisi così. Oppure sto davvero invecchiando.

Perché come prima cosa metto in dubbio. Mi dico: andrò a verificare se Churchill fece davvero così e così. Non assorbo più tutto, scottata non dai libri di storia, bensì dalla cronaca attuale.

L'incertezza è tale, nel mio incedere traballante nella vita, che sto anche male aspettando l'epilogo del film. Insomma, so benissimo come finisce la storia, ma metti che mi cambino le carte in tavola. In questo, non so se io sia più disillusa o bambina.

So che esco da "L'ora più buia" non carica di speranza, forse nemmeno di coraggio. Solo della sensazione che la responsabilità sia qualcosa di opprimente, finché non capisci per chi, sei responsabile. Nella piccola vita quotidiana, fino a un grande incarico per tanti, se non per tutti.

Perché tutti attraversiamo un'ora buia, anche tremendamente soli. E tutti ne possiamo uscire, anche solo per un po'.


Notte e non vivo in una cittadina

Ancora avvolta dall'energia dei bambini, che della Giöbia hanno capito tutto a differenza di molti adulti, ho voluto mordermi le labbra.

Ricordo, e la memoria oggi fa male, quando fu eletta un'importante carica dello Stato: ero fiera e felice. Oggi provo un disincanto generale. Perché conosco poche cose, e cerco di parlare ancor meno. Sono cresciuta così, dannatamente socratica: quando ho un'idea che ritengo certa, la metto in discussione.

Ma la mia Busto Arsizio, qualche certezza me la offre ancora.

Sa vivere le sue tradizioni. Sa trasmetterle, bene o in  modo impacciato. Sa dividersi. Sa anche unirsi, se la attaccano: anzi, speriamo non solo in questo caso. 

Ho avvertito un brivido soffocante, nella marea delle strumentalizzazioni via social network.

La prima, quando ho sentito bollare la mia città come nazifascista per un rogo (che da decenni e secoli brucia le paure, non le persone). La mia città, Busto, nazifascista? Quella premiata per l'impegno nella Resistenza. Quella in cui è partito il grido della Liberazione. Quella che grazie al deportato Angelo Castiglioni ha reso il Tempio civico regno di pace e di dialogo da affidare ai giovani.

La seconda. Io non vivo in una cittadina, come l'ho sentita definire (che poi a me le cittadine stanno pure simpatiche, i villaggi ancora di più). Questo mi ha persino fatto incavolare definitivamente.

Solo per dovere di cronaca: la mia è una città. E' l'ex Manchester d'Italia e concedo senza problemi di non aver capito cosa voglia fare da grande. Non è questione di numeri, più di 80mila abitanti, ma di impegno e responsabilità.

Io vivo in una città. E la amo, perché cresce, vacilla, si cerca, esita, in un futuro cresce ancora. Perché ha sempre accolto, non in maniera idilliaca, ma non si è mai tirata indietro. E chi preferisce bollarla, con le telecamere, da lontano fisicamente con il cuore, non mi interessa.

Notte e non vivo in una cittadina.

sabato 27 gennaio 2018

L'eterna bellezza di essere accanto

Sfogliando i ricordi di luoghi indimenticabili, mi chiamano particolari di eterna bellezza. Dovrei chiamarla antica, ma non ne ho il coraggio. O meglio, è proprio il contrario: mi fa sentire così audace da  rinnegare il tempo.

La bellezza di stare accanto va scolpita e offerta agli occhi, alle menti, alla memoria. E' un momento che viene fissato, una certezza da cui ripartire.

Una mano che non si fa notare subito, nascosta da un lieve sorriso di pace. 
La bellezza di rimanere accanto, che lo voglia un artista o la vita.


Notte e la nebbia che ti fa vedere

Cala la nebbia, a sorpresa, quasi un po' bastarda. Che strano, stasera non riesco a provare dolcezza, né ad accoglierla: come se questa non fosse casa, stagione sua.

Forse perché nella testa si inseguono le immagini di ore, anni, decenni. Di un odio che non sembra addormentarsi mai e di tutto si fa beffa.

Questa nebbia stasera, avvolge tutto ciò che mi è caro. Invece, svela ciò che procura dolore.

Come quando ancora oggi, nel 2018, mi trovo tra persone conosciute e sconosciute e sento nei discorsi schegge di disprezzo, ostentato, verso coloro che a loro sembrano diversi.

La nebbia ti fa vedere l'amara realtà: non siamo cambiati. Forse per questo può salvare se non il mondo, un pezzetto della tua anima, che si ribella alla resa di questo nostro grigiore. 

Notte e la nebbia che ti fa vedere. 

Il treno oltre la logica

In questi giorni così dolorosi, i tempi di pendolare  si riaffacciano anche in modo strano. Ultimamente salgo, salivo in treno con la serenità di chi lascia le code lungo l'asfalto per essere più libera anche solo di pensare.

Ma non può più essere così, dopo ciò che è successo con l'incidente.

Penso e ripenso, appunto, a quando ogni giorno prendevo il treno, per andare a studiare. E l'insensatezza del dolore è tale che una memoria mi colpisce, ossessiva: quando mi affidavo alla prima corsa, penso fosse alle 6.30 o giù di lì, per arrivare in tempo  al corso di Logica.

Devo rendere omaggio peraltro alla mia personale insensatezza. Ero arrivata puntualissima, sfidando viaggi, trasbordi difficili e inverni testardi, a ogni lezione; alla fine di quell'anno complesso ho deciso che non mi andava di sostenerlo. Paradossalmente mi è rimasto dentro più di altri: ho adottato anche diversi simboli per la mia personale stenografia.

Ma oggi neanche importa quel mio rapporto complicato con la Logica. Rivivo ogni singolo viaggio, scomodo, caldissimo, gelido, rumoroso, silenzioso di stanchezza. E me lo sento ancora addosso.

Ci affidiamo a qualcuno per fare qualcosa di così naturale e doveroso, come studiare o lavorare. Ci affidiamo sempre, per vivere. E paghiamo per ciò che decide il destino o chi quel destino può cercare di governarlo.

Il treno oltre la logica, come ogni istante, passaggio, situazione della vita.

venerdì 26 gennaio 2018

Notte e la festa non fa rumore

C'era una festa, nella piazza della mia città, e risuonava di sorrisi di bimbi e voglia di rinascere dalle ceneri della paura.

Ma si sono accorti solo di ciò che li faceva gridare all'orrore (dove a onor del vero non mi ero fermata perché mi era bastato vedere Giöbia scritto in modo sbagliato).


Un giorno vorrei che venissero nella mia città, come in ogni città, con i riflettori spenti e la luce nel cuore. Non a etichettarla, ma a conoscerla.

Notte e la festa non fa rumore.

giovedì 25 gennaio 2018

Mano nella mano (da quarant'anni)

Marito e moglie nella piazza, si fermano a chiacchierare durante la festa. Si narrano un po', lei spiega che la vita è cambiata in meglio, da quando è rimasta a casa dal lavoro.

Ci stupisce un po', allora chiarisce: così posso stare a casa e godermi mio marito.

Poco dopo, risponde a una nostra domanda: è quarant'anni che ci siamo sposati.

Solo in quel momento mi rendo conto che parlano tenendosi per mano.

E ho come l'impressione che siano stati sempre così: mano nella mano, da quarant'anni.

Notte e se riesci a far sorridere

Mentre fuori piomba  addosso alla giornata una tragedia, tu hai la fortuna di poter stare lontano da schermi e da  immagini di morte. Il dolore non si può ignorare, però. La morte in realtà la ritrovi, tra le paure che ti raccontano i bambini. Le appiccichi sulla Giöbia promettendo di bruciarle con l'inverno e ogni angoscia, un'idea portata avanti da noi dell'associazione B300.

Sarà per i loro sguardi, i loro canti, le timidezze dei ragazzini e la loro audacia allo stesso tempo, che puoi cercare di vedere una giornata a colori almeno per qualche istante.

Ma non solo. Perché a un certo punto una scolaresca ti rivela cos'ha fatto in queste ore.

- Abbiamo fatto sorridere cinquanta persone!

- Come avete fatto?

La bambina spiega che hanno cantato le canzoni della tradizioni e tanta gente ha sorriso loro lungo la strada. 

- Anzi, si sono affacciati gli studenti del liceo.

- Ma gli studenti sono tanti, allora i sorrisi erano molto di più.

Me lo conferma il suo sorriso che si allarga.

Se riesci a far sorridere, è già lontana la paura.

Notte e se riesci a far sorridere.
 

I cattivi che non fanno male

Concentrata, ritaglio adesivi del nostro amico Ul Kativu. Sì, quello che popola per poco gli incubi del fumetto della Giöbia. Ai bambini piace moltissimo, e anche me.

Perché è crudele, senza dubbio, ma non a lungo. Perché sa accettare il sortilegio del bambino. Scompare, tornerà. Avrà anche lui una crepa dentro di sé, che ancora non ci può confessare.

Penso ai cattivi che ho amato, prima di tutto Snape (Beaton) di Harry Potter, come se fiutassi per fortuna o affinità che era un dannato buono.

I cattivi che non fanno male, sono quelli che fuggono in un angolo a piangere, un angolo in cui non li vediamo. Ma una parte di noi, li scorge benissimo. E si mette al suo fianco, in silenzio.
25 gennaio, i B300 e i loro personaggi - adesivisissimi- tornano. 
http://www.varesenews.it/2017/01/riprendono-gli-appuntamenti-da-boragno/584990/


mercoledì 24 gennaio 2018

Notte e la canzone che non capivi

Mentre viaggio, mi percuote "Relax" e mi butta indietro di troppi anni. Adesso sento, forse persino ammiccherei. Ma allora non ci capivo proprio nulla.

Mi sembrava una canzone in grado di sconvolgermi, senza afferrarne il senso. E forse, lo afferravo davvero.

La canzone che non capivi, era quella che ti raccontava di più. La tua ingenuità, la tua spontaneità. E anche solo la voglia di ballare. Primordiale, come te.

Notte e la canzone che non capivi.

martedì 23 gennaio 2018

Caschi quel che caschi

Ogni tanto ti casca addosso qualcosa, di fine o di vistoso: potrebbe nuocere persino di più il primo. Chissà da quando mi è arrivato questo caschetto sulla testa dell'anima, che mi fa scivolare via polvere  e sassolini più facilmente di prima. Sarà mica l'età, mi chiedo spaventata. Poi penso di no.

Penso che sia un dono, neanche troppo richiesto, perché incavolarsi a volte è proprio piacevole in apparenza. E non so neanche se sia in realtà solo un prestito: a questo punto, mi spiacerebbe perderlo.

Caschi quel che caschi, costi quel che costi, io guardo avanti, giusto con un filo di perplessità per non dare troppo nell'occhio.


Notte e girare (non) a vuoto

La sera ti coglie così, a un appuntamento a vuoto con altri: fuori al freddo ad attendere, a scherzare, a guardare avanti, fino a rompere le righe. Un segno, che ti ricorda tutto ciò che hai da finire a casa, un bacio in  più da dare, una carezza furtiva mentre sistemi ciò devi.

Invece no, prima di rincasare vaghi ancora un po' nella bellezza di una quasi notte. La voce di un'amica al telefono, che forse fa una vita troppo impegnativa (e forse pure tu), ombre che non si riescono a far fuggire definitivamente, ma poi si ride, si cita Jim Morrison, si corre indietro nel tempo e poi ci si ritrova.

Così quando arrivi, al tuo dolce dovere, pensi così: sono andata a una riunione e (non) ho girato a vuoto. Ho ascoltato, ho parlato, ho imparato, mi sono lasciata accarezzare dalle luci della mia basilica, ho respirato un freddo buono e

Notte e girare (non) a vuoto.

Lo smartphone che unisce

Piombare su un treno e frugare alla ricerca del posto giusto. Eccolo. Presenze, zero. Ma questo è anche il meno, lo ammetto.

Quando ho raggiunto il posto ambìto, non faccio in tempo a sedermi che un'altra donna si fionda di fronte a me. Ci troviamo a compiere lo stesso gesto. Finché io ammetto.

- Mi sono seduta qui, perché c'è la presa. Devo ricaricare lo smartphone.

Lei ride: anch'io.

Difatti, eseguiamo. E penso: che bello, non è vero che il telefonino isola sempre. A volte innesca anche simpatiche conversazioni.

Solo che la nostra conversazione finisce lì. E quando lei scende, prima di me, neanche mi accorgo.

Lo smartphone che unisce. Per poco.

lunedì 22 gennaio 2018

Notte e la felicità è una finestra

Ci sono sere in cui compi anche pochi passi per una commissione, nei luoghi dove sei cresciuta. Ogni finestra sembra illuminata solo per te, eppure in quelle case non sei nemmeno mai entrata.

Così familiari, nonostante tutto, tanto che ti sembra di percepire l'ombra di un sorriso che perfora la notte. La sfumatura di una lampada, una tenda che dev'esserci sempre stata, anche solo il fatto che ci sia una luce dolcemente testarda a colorare una stanza.

Tu passi accanto e ti senti accompagnata dalla gioia, a partire dalla prima, quella di vivere. Di respirare in un luogo che forse ti conosce più di quanto tu possa dire di esso.

Notte e la felicità è una finestra.

domenica 21 gennaio 2018

Decidi tu o io, natura

Celestiale stordimento in me, dopo un corso che pregustavo non banale. Mi hanno raccontato di un libro, che non apro mai con sufficiente entusiasmo. Si chiama natura.

E io, che ho sempre prediletto la storia e la bugia dell'uomo al centro, ho studiato anche Waterloo e le fragili strategie, certo. E ho imparato che solo una donna poteva avere la forza saggia di scrivere Frankenstein. E che certi dipinti hanno un cielo (in) sospeso.

Ora  mi narrano di un vulcano lontano, che in quei mesi due secoli fa  strappò via l'estate e non so più chi vinse, perse, scrisse, dipinse. Sotto quel cielo cupo e fradicio ciascuno ha compiuto un'azione rimasta nella storia dell'umanità.

Decido io, decidi tu, natura. Basta che decidiamo insieme. Meglio con il Socio di maggioranza.

Notte e pensarti ancora lì

Ogni tanto ti penso come il mio lago d'inverno. Lì, addormentato, accudito da una nebbia che si fortifica in nuvole. Così abbandonato, dopo aver combattuto tanto, da dormire con  uno dei tuoi straordinari sorrisi.

Chiudere gli occhi e pensarti ancora lì. Con un sogno che si concede, senza dolori. Aspettando una nuova primavera, con me.

Notte e pensarti ancora lì. 

Dialoghi reali - sei andata allo stadio?

- Uh, che traffico, una non può uscire un salto che trova tutte queste auto… Neanche con questo freddo e ventaccio si può viaggiare in pace.

- Non è che sei andata allo stadio?

- Scusa?

- Sei andata allo stadio?

- Eh?

- Sei andata allo stadio?

- Perché me lo chiedi?

- Avete vinto?

- Sììììì.

Stavo andando bene, accidenti.

sabato 20 gennaio 2018

Io aspetto le margherite

Quasi non ti riconosco, giardino milanese che attraverso per caso. Ma la tua forma allungata, come un abbraccio titubante, e le piante che si tendono verso le mura.

Se chiudo gli occhi, rivedo tutto. Io con il mio pc che mi isolo per scrivere prima di una nuova tappa, senza riuscirvi. Perché una ragazza e il suo nonno dialogano. Perché cani biondissimi giocano.

Perché ci sono tante, tantissime margherite.

E il pensiero che mi fa arrossire di gioia è questo: torneranno le margherite. E la bellezza di guardarle ed ascoltarle.

Una primavera che non fa rumore, ma culla con i suoi passi lievi. Io aspetto le margherite e tutto ciò che porteranno.

Notte e riesco bambina

Ad accorgermi che devo sostare e farmi coccolare, riesco. Ci riesco ancora, con una spontaneità che forse non avevo da bambina.

A dirmi con una cioccolata: c'è tempo solo per me, una manciata, anzi una spolverata di cannella.

E come sono bambina, lo posso confermare ancora di più: riesco anche a sporcare la tovaglia, con ineluttabile precisione. 

Notte e riesco, bambina.

venerdì 19 gennaio 2018

Cicatrici (s)conosciute

Un giorno avevo cicatrici sconosciute ai più. E tra i pochi che le conoscevano, ho trovato anche chi le calpestava.

Un giorno, si è presentata una creatura sconosciuta e mi ha guardata a debita distanza, per poco. Come per rassicurarmi. Presto, si è avvicinata e ha saputo dove andare: si è posata su quelle cicatrici, come se le conoscesse benissimo. Ha fatto le fusa e si è addormentata, come per dirmi: anche nel male, ci si può fidare.

Il panorama davanti ai miei occhi in lacrime, era più bello che mai e io ho capito che creature sconosciute sanno vedere dentro di te, più di tante altre che si credono umane.

Cicatrici (s)conosciute, sciolte da un amore inatteso e immeritato.

Notte e anche il cielo riposa

Con lo sguardo ostinatamente in su, vedo ciò che voglio.

Il cielo immenso forse ha il cuore pesante e si deve appoggiare a qualcuno. Cammina lungo un filo, si posa su un tetto e respira profondamente.

Anche il cielo riposa, sospira, crede di non poter proseguire e poi da un fragile tetto riparte.

Notte e anche il cielo riposa.

giovedì 18 gennaio 2018

A volte vedo doppio

A volte vedo doppio, dentro me stessa. Come un film spaccato a metà, due rivoli che si staccano dalla stessa anima.

Poi mi rendo conto che è solo un doppio monitor, qualcosa di esterno a me. E ci sorrido, perché mi vedo una, una sola, magari abbondante, ma così immersa nella mia unica e fragile umanità.

Chi ti getta in acqua (della libertà)

Quando ero piccola, c'era una radicata scuola di pensiero nella nostra piscina. Getta in acqua che imparano subito a nuotare.

Previsione scientifica, tant'è che le mie amichette ed io smettemmo di andare al corso, una dopo l'altra. Molti anni dopo, mi sono arrabbiata con coloro che mi avevano inculcato la paura di nuotare e carica dei miei vent'anni portati con relativa autorevolezza, andai in piscina pronta ad affrontare il maestro. Ne trovai uno buono, ma così buono, e paziente, così paziente, che alla fine mi applicavo per non deluderlo.

Infatti, nuotavo splendidamente, finché toccavo. Poi naufragavo, per la sua disperazione. Ricordo anche una volta particolarmente drammatica, quando entrò un mio concittadino speciale, Umberto Pelizzari e io quasi affogai, perché una ragazzina si appoggiò sulle mie spalle per ergersi a guardarlo.

Sono trascorsi altri anni, si sono accumulate le onde della vita. Ho imparato a diffidare di chi ti getta in acqua, come se fosse per il tuo bene: in realtà, più spesso non è capace lui di gestire il suo ruolo.

Non voglio più essere in balìa di chi crede di poterti strapazzare o ama scatenare la tempesta perché non sa nuotare in pace.

Ma soprattutto, ciò che voglio fare è perché lo voglio e basta. Non per reagire, non per assecondare, non per ribellarmi, non per essere una diligente alunna.

La vita è un mare troppo invitante per non calarsi in esso.



Notte, la Barbie e Rod Stewart

Mi perdonerò per aver perso il concerto di Rod Stewart: del resto, ultimamente mi perdono con una piacevole facilità.

Confesso un'ammirazione sospetta per il suo abito color argento, ostentato in una recente foto con il mio  leader Paul Stanley. Ma poi, in questi giorni di capriole nel tempo, dentro di me affiora una bizzarra immagine.

Sono a casa di una mia amica, una di quelle che hanno attraversato la mia vita e ancora è saldamente qui. Andiamo alle elementari e stiamo ingaggiando una battaglia a suon di Barbie, ma intanto una voce roca affiora dalla radio e ci chiede drammaticamente se pensiamo che lui sia sexy. Naturalmente, non abbiamo idea di ciò che sta dicendo: allora, eravamo bambine sul serio.

Tuttavia questo signore - che è pure di origini scozzesi, insomma fa di tutto per essere irresistibile ai miei occhi - ha continuato a rivolgerci questa domanda e a giurare di dedicarci ogni battito di cuore, persino a implorarci di non fargli del male. Raffiche rock, come una carezza.

La Barbie, Rod Stewart e noi in mezzo a cercare di diventare grandi.

Notte, la Barbie e Rod Stewart.

mercoledì 17 gennaio 2018

Notte e il mio ossigeno silenzioso

Mi addentro nel viale che il buio sembra spogliare un po' del suo smog, anche se forse è un'illusione. Ora respiro, tanto che mi viene da rallentare per gustare questo sapore inusuale. Mi viene in mente il bosco austriaco a Expo, con i suoi segnali di avvertimento.

Quanto ossigeno mi porto dentro. Quanto inquino anche con il mio respiro, persino con i miei pensieri forse. Quanto mi percuote tutto questo girovagare di mezzi e sbuffare di camini, nell'ammirevole resistenza della piante.

Il mio ossigeno, è quello di tutti. Condiviso, rubato, calpestato, insozzato. Eppure sempre così silenzioso, nel darsi e nel negarsi per colpa nostra.

Notte e il mio ossigeno silenzioso.

È tutto lì

È tutto lì, in un giorno, un quadro, una preghiera, un ricordo.

Fisso nel tempo che corre, ma non quanto noi. In un lampo la tua vita riassunta lì. Quando ancora non credevi di esistere, era tutto tracciato.

Forse bisogna entrare nel deserto, come Sant'Antonio. Forse restarvi senza paura o senza paura rientrare dove il tempo corre, senza inseguirlo.

martedì 16 gennaio 2018

Notte e un ciao l'unica preghiera

L'unica preghiera e tutto il cuore. Quando sei stanco, poche lettere racchiudono uno slancio che nessun discorso esprimerà.


Ciàu, Signùi.

Quel verso di vita, quel saluto che racconta tutto. Sono proprio stanco, Signore, ma ti dico ciao. La preghiera di un povero diavolo, che vuole riposare tra mani sicure.

Il mio dialetto. La voce di un poeta come Giuseppe Azzimonti, nel sussurrare della sera.

Notte e un ciao l'unica preghiera, tutto il cuore

lunedì 15 gennaio 2018

Zombie (stanno combattendo) - canzone per il giorno

Qualcuno sta combattendo, nella sua testa.

E noi qui a cadere sotto i suoi colpi. Con il silenzio, unico frutto della violenza: una canzone così vecchia, che ci scava di nuovo.

Zombie  - Cranberries, canzone per il giorno

rip Dolores.

Notte e la mia razza

Non sono bianca, perché ho le lentiggini. Da piccola (e non solo) mi prendevano in giro, mentre si abbronzavano.

Poi li ho guardati bene e ho capito perché: ragionevolmente bruttini, dovevano tirarsi su in qualche modo. È quello di farlo a scapito degli altri, è il più rapido.

Oggi, amo la mia razza. Non quella dei lentigginosi. Non quella bianca. Non quella umana. Quella delle creature minuscole che strisciano o volano su questa terra. E che ogni tanto potrebbe aprire gli occhi sulla sua piccolezza: la farebbe sentire persino grande.

Notte e la mia razza (è quella delle creature) 

Dialoghi reali - la porta aperta

Incrocio rapido al cancelletto.

- salve. Ah, ho lasciato la porta accostata perché rientro subito.

- ok, buona sera.

Mentre mi allontano lo sento forte e chiaro.

Clic.

domenica 14 gennaio 2018

Notte e se la bellezza è leggera

Dicono - e io non lo nego - che troppo spesso guardo in alto. Ma non dipende da me se la bellezza vola.  Leggera e ostinata nel suo procedere, oltre ogni peso umano. Lei è già lassù, nel teatro più amato da mio nonno, o in un angolo insopportabilmente buio.

Se la bellezza è leggera, non è detto che io possa seguirla. I miei occhi, tuttavia, sì.

Notte e se la bellezza è leggera. 

Tutto sa di libertà

Attorno, tutto sa di libertà. Che sia a Bannockburn o in un campo spogliato di storia. Colori di speranza, stesi senza esagerare, per non illudere fino in fondo.

Al centro dell'attenzione, un angelo mascherato di buia solitudine. Non riesce neanche a fingere di voler mangiare qualcosa, strappandola dalla terra. 

Quando riguardo questa foto, penso alle mascotte degli angeli, a questi corvi che non vogliono troppo farsi notare. A Rimbaud e a Patti Smith. Ai versi creati con una opprimente illuminazione. Alle favole raccontate male, perché tu ci possa credere meglio.

Tutto sa di libertà, quando sei a terra e pensi ancora di poter volare. 



sabato 13 gennaio 2018

Notte e metto ordine

Metto ordine così tenacemente, così furiosamente. Tutto finisce in una casella, poi in un'altra ancora; tanto che sosto a contemplare tutto questo sfoggio di ordine oppure ordinarietà.

Spesso, confondo i confini, forse da viaggiatrice dell'anima.

Ma metto talmente ordine da non trovare più nulla, se non me.

Notte e metto ordine.

Dimmi che è vero (Interrogazioni in agguato)

Nella mattina fitta ancora di buio, inciampo nel fiume di studenti. Mi incutono persino un po' di timore, come se io potessi finire travolta da loro e magari subire qualche interrogazione.

- Lualdi, hai studiato?

No, questo non me l'hanno mai chiesto. Partivano con le domande, e basta. Com'era, che è passato un po' di tempo.

- Vediamo un po' chi possiamo sentire oggi… Lualdi. Dai che ti sento in fisica.

- Professore, ma è la terza volta. E oggi poi ho portato matematica.

- Allora eccoti una bella verifica di matematica.

Accidenti, via da questa folla che sembra schizzata verso i vari istituti senza possibilità di digressioni. Mi appoggio a un muro e aspetto gli amici, respirando la pace. Il fiume si è sfaldato in gruppetti, ecco due ragazze che si staccano, immerse in diverbio scherzoso, e una punta il dito contro di me.

- Dica che è vero?

- Scusa?

- Dica che è vero?

Assumo un'aria solenne che non riesce a sfuggire a un sorriso: Non c'è nulla che possa dirsi vero.

Loro tirano avanti, verso le interrogazioni di rito. E io ritiro il mio carico da novanta, che rivolgo contro di me.


venerdì 12 gennaio 2018

Notte e la storia più bella (devi raccontare)

Arriva trafelata, non raccolta nemmeno come avresti desiderato. Portata via frammento dopo frammento, come per preservarne l'interezza.

E' la storia più bella, più bella - ti dici - che hai ascoltato e che porgi agli altri negli ultimi anni. Sa di lotta, lotta dura e non gridata. Di speranza, non sbattuta in faccia. Di esempio, non esibito.

Sa di mare e di terra, mischiati nelle lacrime. Sa di futuro. Di identità spezzata e ricomposta.

Non sai nemmeno come farai a raccontarla, davvero. Ma lo sai: questa è la storia più bella che da tempo   tu avessi ascoltato e devi raccontarla.

Notte e la storia più bella (devi raccontare)

Il tempo di un biglietto

Colleziono biglietti, ma ciò non significa che li raccolga tutti. Ne tengo da parte alcuni, negli anni, ormai decenni. Magari li dimentico in un angolo di coscienza, salvo ritrovarli con una certa distanza che li rende ancora più ricchi di significato ed emozione.

No, questa volta non ho intenzione di aspettare. Tra i biglietti, ne serbo uno, vergato ancora a mano. Mi perdonerà la donna gentile, se pubblico un suo frammento, ma non posso sciogliermi dall'incantesimo di alcune espressioni.

Anzi, prima una parola.

Grata. Grata lei, quante volte le rompo le scatole e lei sempre disponibile. Un pensiero per me, per la  mia famiglia, a due e quattro zampe.

E poi riesploro il motivo di quella gratitudine: perché le ho dedicato tempo. Lei ha fatto altrettanto, con un sorriso silenzioso.

E ora rompe il silenzio, per ringraziare me.

Il tempo di un biglietto. E di dirci che Esistiamo, ancora. 

giovedì 11 gennaio 2018

Felice nel vigneto

Sono felice in un vigneto, in qualunque luogo ci sia un socio di maggioranza che ti inviti a metterti in gioco.

Sì, non fermerà la grandine e non cercherà di persuadere il sole a trattenersi.

Perché ci siamo anche noi. Vogliamo tanto contare, be' è la nostra occasione.

Sono felice in un vigneto, e in ogni luogo dove si creda nel bene.

(Foto by Camilla)



Notte e Freud fa male (sulle ginocchia)

E' pericoloso avere un'amica psicologa, soprattutto quando accetti un passaggio in auto. Tu ti siedi, quasi indifesa, e in quei pochi minuti non ti aspetti un assalto.

Avevi già alzato bandiera bianca, tu filosofa che avevi respinto per decenni la psicologia: quelli sanno tutti, noi ci mettiamo sempre in discussione. Finché non hai incontrato un uomo così saggio, da mettersi in discussione, ed ecco che sei capitolata. Anche perché hai capito che a furia di metterti in discussione i rischiavi di convincerti di sapere tutto.

Sì lo so, è un casino. Un giro di pensieri e parole. Allora torno fisico.

Forse per questo, incautamente accetto un passaggio in auto dall'amica psicologa e sul cruscotto vedo un volume gentile di Jung (il mio preferito, mica devo nasconderlo), l'altro di Freud, più massiccio (ti pareva).

Il momento traumatico arriva con una frenata, quando Freud cade violentemente sulle mie ginocchia.

E allora rido, con lacrime liberatorie: Freud fa male, sulle ginocchia.

Notte e Freud fa male sulle ginocchia.


mercoledì 10 gennaio 2018

Notte e fighting for recognition

Ti bruciano addosso le balle che hanno cercato di rifilarti, finché non accendi qualcosa davvero.

Un whisky che racconta di una lotta magnifica. Note di fumo e di mare, guide di molte altre, che combattono per affermarsi.

Lo leggi infine sull'etichetta.

Fighting for recognition.

Dentro di te, il tuo meglio sta già correndo avanti e ti incita a fare altrettanto. Solo tu puoi riconoscerti e avanzare, ancora.

Notte e fighting for recognition.

martedì 9 gennaio 2018

Un uomo e il suo cappello

Confesso un'allergia di cui non so liberarmi. Forse un'eredità, perché ricordo papà che scuoteva il capo scorgendo un uomo che non si levava il cappello in un ambiente chiuso.

La provo, come un prurito, ogni volta che incrocio - sempre più frequentemente - quest'attitudine. Forse per questo ieri mi sono commossa.

Ero a un funerale, accanto a un uomo che viene da tempi lontani. Pioveva ed entrambi siamo allergici all'ombrello. Io mi difendevo con una sciarpa sul sagrato, in attesa di salutare i parenti. Lui aveva il cappello. 

Poi mi giro e lo scorgo a capo scoperto.

- Ma che fa, piove. Perché l'ha tolto?

- per rispetto. Dobbiamo salutare la vedova.

Io lo guardo con lo stesso rispetto, sotto questo cielo che ci offre gocce di pensieri ed emozioni.

Notte e così cretina, così saggia

Povera di strategie, ricca di errori, procedo e sorrido a ogni perla e ogni svista.

Così cretina da fingere di non vedere e a volte da non vedere davvero. Così saggia da non curarmi di ciò che (non) vedo.

E ogni errore mi è caro, perché appena nato mi sorride già e mi farà crescere.

Notte e così cretina, così saggia.

lunedì 8 gennaio 2018

Momenti in cui non dirci niente

Ci sono momenti che ci trasportano lontano nel tempo: siamo di nuovo piccini, come talvolta ci sentiamo ancora.

In quei momenti ci si incontra nel passato, assieme a mutate figure. Cercando qualcosa da dire, finché si capisce.

Quelli sono momenti in cui non dirci niente. C'è un silenzio da ascoltare.

Notte e la rosa del Parini

L'amico saggio che sempre mi stupisce, mi offre una rosa. Una rosa del Parini, per strapparmi agli acciacchi dell'inverno.

Dal telefono freddo mi scalda la sua voce: torna a fiorir la rosa che pur dianzi languia.

Mi sento in colpa per non ricordarla come lui. Vuoi vedere che così mi sfuggì la primavera?

E già un profumo mi sorride tra la pioggia.

Notte e la rosa del Parini.

domenica 7 gennaio 2018

Anche i muri sanno

I muri sanno ascoltare, sanno raccontare, a volte persino pregare. Certo, dietro ci siamo noi, ci diciamo. Solo che quello che affidiamo loro, spesso ce lo perdiamo in un lampo.

Loro restano, finché possono,  a testimoniare tutto quanto. 

Anche i muri sanno. Anche di più di noi, smarriti nel tempo e nella giungla dei pensieri iniettati dagli altri.

Notte e neanche quando la pioggia si assopisce

Quando la pioggia si assopisce nella notte, e persino al fremere del giorno, io esco senza sapere bene dove cercare. Neanche quando posso più dare la colpa a lei, che mischia le tracce e i profumi.

Eppure che bello, cercare ancora. Persino quando si risveglia.

Notte e neanche quando la pioggia si assopisce.

sabato 6 gennaio 2018

Lo sguardo che cerca

Il sole che si scioglie, il treno che sbuca, uno degli ovali che tentano lo sguardo. 

O un punto minuscolo, che attende solo i miei occhi prima distratti.

Ciò che ti chiama o ciò che cerchi, è dentro una surreale bellezza urbana, e forse entrambe le cose si incontrano. Particolari solo per te in un universo che resta di tutti.

Notte e i canti di Natale (la coerenza prima di tutto)

I canti di Natale, l'eco che ha inseguito per tutte le feste.

Tutti si affidano alle canzoni di Natale. La vicina le suona al piano e io per sicurezza nascondo gli spartiti, mica che io cada in tentazione. Già ho preso l'album completo di Metal Christmas, che è il massimo di natalizio che mi possa concedere da adulta in salsa rock.

Allora basta con i canti di Natale, su, che da più di un mese mi rimpinzano le orecchie.

Poi, oggi sento le campane che eseguono fedeli "Astro del ciel" e so anche che sarà l'ultima volta, per un bel po'.

E i canti di Natale mi mancano già.

Notte e i canti di Natale (la coerenza prima di tutto)


La città che si stinge

La città che si stinge sotto la pioggia, un sogno che si trascina nella realtà.

E io devo ancora decidere se chiudere o aprire gli occhi. Se sono pronta ai colori.

venerdì 5 gennaio 2018

Notte e out of order

Fuori servizio, fuori da quell'ordine che provano a costruirti addosso.

Alla fine quando ti devi fermare, per un'ora, un giorno, un anno, è come se lo decidessi tu. Il tuo corpo in apparenza, ma vuoi che non c'entri la testa?

Cadere per risalire o provarci, quando si potrà.

Notte e out of order

giovedì 4 gennaio 2018

Lontano da Calimero (o forse no)

A volte mi sento addosso ancora quella vocina, nonostante siano trascorsi secoli da quando mi trovavo di fronte Calimero. Così vicino, da indossarne ombre e guscio.

La differenza è che ora sento che quel guscio si spezza con un grido gioioso. Che dal pallore cupo può nascere il colore. Che quando si vede tutto nero, già si sta infiltrando un raggio di luce.

Accade che ci sentiamo ancora Calimero. E io non ne ho male, ma ci rido su, sfilando sul mio viale immaginario e già trasformata in qualche altra creatura. Forse persino in me stessa.

Un pensiero leggero

Un pensiero leggero, una cicatrice che rivela la capacità di ribellarsi a un candore  opprimente.

Sfalda le nubi seriose, poi forse le ricomporrà. Ma intanto, si è già conquistato il cielo.

Notte e il sole confuso

La luna, ancora superba, o il sole confuso. Non so dare un nome alla bellezza lassù.

O forse guardo davvero in alto, quando bussa dentro l'anima il buio.

Notte e il sole confuso.

mercoledì 3 gennaio 2018

Notte e dell'amore dei figli

Dell'amore dei figli si parla poco. E' scontato, si dirà: fa notizia quando viene meno. E che differenza c'è allora, con quello dei genitori?

In questi giorni, in queste ore in particolare vorrei dedicargli un pensiero. Forse perché ho visto figli che in silenzio, senza farsi troppo notare, dicono addio ai loro cari, accuditi fino all'ultimo istante e più. E altri lo stanno facendo, ugualmente dietro le quinte, senza proclami. Una carezza, minuti che diventano ore, sacrifici che sono un balsamo.

Perché è giusto, perché è bello, perché un sorriso o anche la sua ombra spazzano via la fatica.

Che cos'è la fatica, quando si tuffa nell'amore.

Dell'amore dei figli si parla così poco. Io vorrei dire loro grazie, stasera.

Notte e dell'amore dei figli.

martedì 2 gennaio 2018

E se avessi paura

Un velo fitto di neve che copre il sonno di tante creature, sveglia me.

Socchiudo gli occhi al sole, al cospetto del mio lago, e mi racconto una favola, così vera.

E se avessi paura, dell'inverno e del tempo, del sortilegio della realtà, di un blu dolcemente straziante, dei rami infreddoliti.

Se avessi paura, qualcosa mi inventerei, ancora.

Notte e sarà proprio così

Come quando un'amica, una creatura che hai incontrato per due giorni, ma che giorni. Sotto un sole cocente di verità.

Come quando un'amica formula un auspicio così arduo in apparenza.

E invece tu ti senti dire: sarà così.

Quello che ti scorre dentro, più forte di ciò che ti frena. 

Notte e sarà così.

Più dolce dentro

La vita, sembra anche promettere dolcezze. Tu ti ribelli, al suo blandire, finché non si spezza dentro. Finché non rivela che il meglio deve ancora venire.

Un cuore che si scioglie, solo se tu lo vuoi.

Più dolce dentro, la vita, di quanto voglia far pensare.

lunedì 1 gennaio 2018

Notte e tutti quelli prima di me

Mentre le feste scorrono, o forse appena prendono una pausa - anche solo il tempo di un respiro -, mi fermo ad ascoltare e salutare tutti quelli che erano prima di me. Tutti quelli che sono ancora, anche dietro la foto di una lapide.

I miei antenati, diretti per così dire. Ma anche i prozii, che il nonno non trascurava mai di accudire anche nel loro riposo finale. Chi ha mi ha offerto per primo un sorriso, o una bambola, o il lavoro. Chi non ha mai smesso di prendersi cura di me.

Un vegliardo o una vita spezzata prima che sprigionasse tutto il profumo dei sogni.

Devo stare tra di loro, per recuperare la pace dentro di me, e per andare avanti. Consapevole del fatto che non sono qui per caso, che nessuno lo è o lo è stato.


Notte e tutti quelli prima di me.

Non resta che scegliere

Non è difficile scegliere, non è difficile amare. Quasi scontato, se si decide che non devono decidere gli altri.

Una speranza, un messaggio in una bottiglia, un sogno, un universo intero che si può solcare.

Non resta che scegliere. E ripartire. 

Buon anno di scelte.